di Simona Salvi e Corrado Accaputo
Una partnership basata su “libertà e vantaggi reciproci” che “non impone nulla” e che si traduca in “fatti”, perché l’Africa “non si accontenta più di semplici promesse che spesso non vengono mantenute”. Tenendo presente che “noi non siamo mendicanti”. Così il presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki, ha illustrato la posizione del continente in apertura dei lavori del vertice Italia-Africa, prendendo la parola dopo la presentazione del Piano Mattei da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Un piano, ha detto Faki, che “l’Africa è pronta a discutere”, ma “sul quale avremmo auspicato di essere consultati”.
Faki ha riconosciuto che l’Italia sotto la guida di Meloni “ha mostrato un costante interesse per una cooperazione forte con l’Africa”, per poi sottolineare che il continente africano vuole rapporti di partenariato “non allineati su un blocco unico” e in cui “noi non imponiamo nulla al nostro partner e il nostro partner non ci impone nulla a sua volta”, facendo allusione in particolare al rapporto con Russia e Cina. Il presidente della Commissione Ua ha poi rimarcato che “l’Africa è conscia di doversi far carico delle proprie responsabilità, se vuole far rispettare questi principi e basare questa partnership sulle proprie priorità”. Priorità che derivano da “numerose sfide”, quali quelle “securitarie, ecologiche, sanitarie, di mobilità, tecnologiche e di finanziamento allo sviluppo”, oltre “al pesante fardello del debito, agli effetti della crisi climatica, alla crescita degli estremismi violenti e all’instabilità politico-istituzionale”.
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Nonostante questo, “l’Africa non vuole tendere la mano, noi non siamo mendicanti, la nostra ambizione è più alta”, ha proseguito Faki, auspicando il sostegno dell’Italia per “un nuovo modello di partenariato che possa aprire la strada verso un mondo più giusto, se vogliamo costruire pace e prosperità attraverso l’amicizia, e non attraverso barriere securitarie che sono barriere di ostilità”. Chiara l’allusione alla gestione delle ondate migratorie sul Mediterraneo. “L’Italia è il principale punto di arrivo dei flussi migratori provenienti dall’Africa. Quindi, con l’Africa, l’Italia condivide la preoccupazione costante di trovare una soluzione sostenibile a questo fenomeno che è diventato tragico e ricorrente”, ha sottolineato Faki, condividendo le preoccupazioni del ministro degli Esteri Antonio Tajani.
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Per il titolare della Farnesina si tratta di “un tema che nessuno può affrontare da solo”. Serve “un impegno forte dell’Unione europea”, così come un “dialogo rafforzato tra Paesi di origine, transito e destinazione dei flussi migratori”. E per infliggere “un colpo decisivo” ai trafficanti di esseri umani, “i nostri comuni nemici”, occorre agire per creare più posti di lavoro in Africa, “per esempio con joint-ventures che permettano collaborazioni reciprocamente vantaggiose tra imprese italiane e quelle africane”. “Penso alla trasformazione in loco delle materie prime e ad un uso di quelle critiche più efficiente e vantaggioso per tutti”, ha detto Tajani.
Faki (Ua): Piano Mattei, passare da parole a fatti
L’Italia, d’altra parte, sta indirizzando la maggior parte delle risorse verso il Continente in settori chiave come la salute, l’istruzione, il rafforzamento istituzionale e la sicurezza alimentare. E il ministro ha annunciato che la Farnesina, insieme a Simest, ha già “predisposto un nuovo pacchetto di finanziamenti agevolati” per l’Africa “del valore totale di 200 milioni di euro”. L’approccio, insomma, è ispirato alla “massima concretezza”, con “un dialogo tra pari” che il governo italiano intende sviluppare “anche con lenti africane, con uno spirito di partenariato concreto e paritario”, sfruttando al massimo “l’opportunità offerta dalla presidenza italiana del G7” nel 2024. (askanews)