Riccardo Bossi, primogenito dell’ex leader della Lega Umberto Bossi, si trova al centro di un’indagine per presunta truffa ai danni dello Stato, avendo percepiuto indebitamente il reddito di cittadinanza. Secondo quanto riportato dall’ufficio del procuratore di Busto Arsizio (Varese), Bossi avrebbe ricevuto un contributo mensile di 280 euro per 43 mesi, tra il 2020 e il 2023, per un totale di oltre 12 mila euro. Questo, però, potrebbe essere stato ottenuto in maniera fraudolenta, legato al pagamento di un affitto per un appartamento dal quale Bossi era stato precedentemente sfrattato per morosità.
L’inchiesta è stata avviata dopo una segnalazione da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’avviso di chiusura delle indagini preliminari solitamente anticipa una richiesta di rinvio a giudizio. Bossi è assistito dall’avvocato Federico Magnante, il quale ha finora mantenuto un basso profilo riguardo al caso. La vicenda assume particolare rilevanza considerando la figura di Riccardo Bossi, figlio di uno dei politici più influenti della scena italiana degli ultimi decenni. Umberto Bossi ha guidato la Lega Nord per diversi anni, incarnando un’importante voce nel panorama politico nazionale, soprattutto sul fronte delle questioni legate al federalismo e alla tutela dell’autonomia regionale.
La presunta truffa al reddito di cittadinanza solleva questioni etiche e politiche, considerando la posizione di privilegio e l’influenza mediatica che la famiglia Bossi ha mantenuto nel tempo. La notizia dell’indagine su Riccardo Bossi potrebbe avere conseguenze significative non solo sul piano personale, ma anche sul versante politico, riacutizzando il dibattito sull’etica pubblica e l’uso corretto delle risorse statali. Al momento, l’inchiesta è ancora in corso e non è stata emessa alcuna decisione definitiva riguardo al coinvolgimento di Riccardo Bossi nelle presunte attività illecite.
