L’esplorazione dell’universo profondo e primordiale potrà avvenire grazie alla Luna, alla sua assenza di atmosfera e al silenzio sismico quasi completo. Lo racconta uno studio condotto dai ricercatori del GSSI – Gran Sasso Science Institute e pubblicato oggi su “Philosophical Transactions” della Royal Society A. La scuola dottorale e centro di studi avanzati dell’Aquila, è da lungo tempo in prima linea nello studio del satellite terrestre e guida una collaborazione internazionale che ha proposto sin dal 2020 all’Agenzia Spaziale Europea di utilizzare la Luna come antenna per un innovativo rivelatore di onde gravitazionali.
Il progetto, – informa il GSSI – denominato LGWA-Lunar Gravitational Wave Antenna, coordinato dal professore del GSSI Jan Harms e ideato insieme ai ricercatori dell’Inaf, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, è stato oggetto di un corso didattico che ha coinvolto gli studenti di dottorato, invitati poi dalla Royal Society A a contribuire al numero speciale pubblicato oggi, dal titolo “Astronomy from the Moon: the next decades”. Il numero, curato dagli astronomi e astrofisici Joseph Silk, Ian Crawford, Martin Elvis e John Zarnecki, delinea il futuro utilizzo della Luna per l’osservazione dei segnali primordiali dell’universo e contiene il anche il paper “Opportunities and limits of lunar gravitational-wave detection”, curato dagli studenti GSSI con la supervisione di Harms.
“Una nuova finestra si apre sull’esplorazione lunare, dandoci l’opportunità di sfruttare le caratteristiche del nostro satellite per condurre attività scientifiche, in particolare permettendo l’osservazione delle onde gravitazionali come mai fatto prima – spiega Andrea Cozzumbo, dottorando nel corso di Astroparticle Physics e primo firmatario dell’articolo – quando abbiamo cominciato a osservare il cielo notturno, i nostri telescopi si limitavano a guardare l’Universo attraverso la luce visibile. Ciò è rimasto così per secoli fino all’avvento della radioastronomia, che ci ha fornito la possibilità di esplorare altri tipi di luce provenienti dalla nostra galassia e oltre. Basandosi su questa analogia, la prima misura di onde gravitazionali nel 2015 può essere considerata la ‘prima luce’ in questa nuova era di esplorazione cosmica. Attualmente, la costruzione di rivelatori di onde gravitazionali sulla Luna ci può garantire l’accesso ad altri tipi di onde gravitazionali, aprendo così le porte a nuove sorgenti astrofisiche che emettono radiazione gravitazionale e, incontrovertibilmente, a nuove conoscenze scientifiche”.
Il paper – prosegue il GSSI – esplora le varie configurazioni di un rilevatore lunare di onde gravitazionali che sfrutterebbe le peculiarità del nostro satellite. La Luna, infatti, offre un ambiente freddo e stabile, utile per raggiungere le temperature criogeniche necessarie per le prestazioni ottimali dei futuri strumenti. Inoltre, la sua quasi inesistente attività sismica permette di pensare a nuovi tipi di rivelatori, come appunto LGWA. “Non soltanto siamo davanti al futuro della ricerca, ma è anche iniziato un dibattito per proteggere la Luna e usarla per scopi scientifici. La speranza è di riuscire a raggiungere il polo sud della Luna entro questo decennio. Sforzi simili sono iniziati in altre parti del mondo e stiamo assistendo ad una rapida crescita dell’interesse della comunità scientifica per il rilevamento delle onde gravitazionali lunari. Faremo del nostro meglio per rendere LGWA uno dei concetti vincenti”, conclude Jan Harms.