La città di Gerusalemme è diventata il palcoscenico di una delle più grandi proteste antigovernative nella storia recente di Israele, con decine di migliaia di cittadini che si sono riversati nelle strade per chiedere cambiamenti radicali nel governo e un’immediata azione per liberare gli ostaggi detenuti a Gaza.
La folla, riunita per la seconda sera consecutiva davanti alla sede del parlamento israeliano, ha esposto bandiere nazionali e acceso fumogeni in segno di protesta, mentre la tensione con le forze di polizia è palpabile. Le richieste principali dei manifestanti includono la cessazione delle ostilità a Gaza per liberare i numerosi ostaggi tenuti dai militanti di Hamas e la convocazione di elezioni anticipate. Al centro dell’agitazione si trova il primo ministro Benjamin Netanyahu, il cui governo è stato accusato di fallimenti nell’affrontare la situazione a Gaza e di indebolire il paese con la sua controversa azione politica degli ultimi anni.
Le profonde divisioni politiche, specialmente legate al tentativo di revisione giudiziaria dello scorso anno, sono state citate come fattori che hanno minato la sicurezza nazionale di Israele. Non solo il governo di Netanyahu è stato criticato per la gestione della crisi a Gaza, ma anche per il presunto danneggiamento dei rapporti con gli Stati Uniti, un importante alleato di Israele. Le proteste si sono estese oltre Gerusalemme, con migliaia di persone che hanno manifestato anche a Tel Aviv, evidenziando una crescente insoddisfazione pubblica nei confronti del governo.
Intanto, mentre la pressione sul governo aumenta, il primo ministro Netanyahu si prepara a lasciare l’ospedale dopo un intervento all’ernia. Nonostante la sua assenza fisica, l’attenzione si concentra sulle mosse future del leader, mentre la richiesta di elezioni anticipate diventa sempre più urgente. Gli organizzatori delle proteste hanno promesso di continuare le manifestazioni nei prossimi giorni, con l’obiettivo di spingere il governo a rispondere alle richieste della popolazione israeliana e di portare il paese verso una nuova fase politica.