“Inquisizione”, “ritorno al passato”, “giustizialismo fiscale”. Il ritorno del ‘redditometro’ manda la maggioranza in crisi di nervi. Questa mattina sulla Gazzetta ufficiale è stato pubblicato il decreto firmato dal vice ministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo (Fdi) che riattiva lo strumento, aggiornato negli indicatori di spesa, che era stato sospeso nel 2018. In sostanza il redditometro consente di mettere a confronto le spese sostenute dal contribuente e la loro congruità con i redditi dichiarati e riguarderà tra le altre cose, i consumi di generi alimentari, l’abbigliamento e le calzature, le spese per l’abitazione, quelle sanitaie, per l’auto e gli apparecchi telefonici, per l’istruzione.
Un atto, quello del viceministro, che potrebbe essere legato all’apertura, il 15 giugno, dei termini per il concordato preventivo: con il governo che in vista della legge di bilancio ha un enorme bisogno di risorse fresche la prospettiva del redditometro potrebbe costituire un ‘incentivo’ ad aderire. Comunque sia, da un punto di vista politico la pubblicazione a tre settimane dalle europee appare a molti quantomeno uno “scivolone”. In realtà l’irritazione va anche oltre. “Ancora una volta – sottolinea un esponente di governo – vengono prese decisioni senza condividerle con gli alleati”.
Quando nel corso della giornata la protesta monta – tra messaggini e telefonate – Giorgia Meloni decide di intervenire, inizialmente con una nota in cui lo stesso Leo garantisce che con il decreto vengono messi “finalmente dei limiti al potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria di attuare l’accertamento sintetico, ovvero la possibilità del Fisco di contestare al contribuente incongruenze fra acquisti, tenore di vita e reddito dichiarato”. Gli alleati però non si fidano e quindi è direttamente Palazzo Chigi, intorno alle 16.30, a far filtrare che Leo “ha concordato con la Presidenza del Consiglio di relazionare al prossimo Consiglio dei Ministri”, che dovrebbe tenersi venerdì, sul decreto che comunque punta non al ritorno ma al “superamento del cosiddetto redditometro introdotto dal Governo Renzi nel 2015”.
Un doppio intervento – seguito da una ‘batteria’ di dichiarazioni di parlamentari Fdi – che non fa tornare il sereno, dato che alle due notizie di agenzia seguono reazioni pubbliche e durissime. “La Lega è sempre stata contraria al redditometro. L’inquisizione è passata da tempo e non tornerà di certo con la Lega al governo”, fanno sapere fonti del Carroccio evocando una “modalità Grande fratello”. Anche Forza Italia prende le distanze da Leo: “Fi è sempre stata in prima linea nella lotta contro l’evasione fiscale, ma fermamente contraria al cosiddetto redditometro. Non casualmente non ha mai votato a favore della misura in passato. Coerentemente con l’opposizione fatta ai tempi della sua istituzione, quando era un partito dell’opposizione, oggi non ha condiviso la scelta di renderlo esecutivo”, chiarisce il capogruppo alla Camera Paolo Barelli. In questo clima, quel che è certo è che non sarà un Cdm tranquillo quello di venerdì (e ci dovrebbe essere anche il Piano Casa di Matteo Salvini).