Tira un sospiro di sollievo, Matteo Salvini. L’obiettivo fissato prima delle Europee, superare il dato delle Politiche, è raggiunto: nonostante “gli avversari interni”, quelli che “tradiscono”, quelli che “pensano più ai propri interessi”. Per riuscirci è stato necessario affidarsi all’indipendente Vannacci, e condurre le ultime settimane di campagna elettorale andando costantemente sopra le righe: gli attacchi a Macron, quelli a Mattarella in nome di un sovranismo spinto, quelli agli alleati di governo. Ma ora, scampato il tracollo che lo avrebbe esposto anche alle rivendicazioni della fronda interna, il segretario leghista si presenta in sala stampa con atteggiamento più istituzionale.
Dopo aver attaccato per settimane il “bombarolo Macron”, Salvini incassa il risultato francese e si limita a dire che “ora la pace è più forte”. Dopo aver martellato gli alleati che vorrebbero fare “un danno all’Italia” dividendo il centrodestra, oggi i toni sono morbidi: “Io lavoro per un centrodestra unito anche in Europa, ma se qualcuno dovesse scegliere l’alleanza con socialisti e Macron sarà libero di farlo, non ho poteri coercitivi”. Quanto al governo, “è l’unico in Europa che si rafforza in tutte le sue componenti, vuol dire che stiamo lavorando bene”. Dunque meglio non toccare nulla, neanche se si tratta di far entrare Luca Zaia: “La questione per me non è all’ordine del giorno”, taglia corto il segretario.
I sassolini che Salvini si toglie dalla scarpa sono tutti interni al partito. E sono tanti. Già nella notte, quando le proiezioni iniziavano a indicare la sostanziale tenuta della Lega, la prima bordata: “L’Italia ha bisogno di un governo solido, se qualcuno non ha voglia non siamo una caserma”. Un messaggio che viene letto come indirizzato a Giancarlo Giorgetti e alle sue aspirazioni di un ruolo in Europa. Poi nella conferenza stampa della mattina, l’attacco frontale a Umberto Bossi, per regolare i conti con la fronda interna: “Se qualcuno dice che voterà per un altro partito manca di rispetto non al segretario in carica ma ad un’intera comunità”. Dunque “dovrò chiedere ai militanti” come regolarsi col fondatore del Carroccio. Nulla di particolare nel concreto, spiegano da via Bellerio, anche perché Bossi non ha neanche la tessera della Lega per Salvini. E tuttavia mai il segretario aveva osato contrapporsi così direttamente al fondatore: segno della ritrovata fiducia nel controllo sul partito.
Che si manifesta anche nei messaggi riservati a Luca Zaia: il primo è l’elogio agli amministratori del Pd che alle Europee “ci hanno messo la faccia”. Cosa che nella Lega non è successa nonostante la richiesta di Salvini di un impegno diretto. Il secondo è la sottolineatura del risultato di Roberto Vannacci: “La gran parte dei voti viene da Lombardia e Veneto, i leghisti hanno approvato” la candidatura del generale, alla faccia dei “dubbiosi” e di chi – come Zaia per l’appunto – invitava a votare per i candidati del territorio. Terzo messaggio, i risultati al Sud, in alcuni casi non distanti da quelli del Nord: “La Lega nazionale è il futuro”, e anzi “dovremo riflettere su come stiamo nei territori dove governiamo da anni”. Un concetto che sui social del segretario viene declinato dai suoi sostenitori molto più esplicitamente, come accusa di disimpegno da parte dei big del partito.
Insomma, Salvini è convinto che la sua linea sia riuscita ad arrestare la spirale negativa in cui la Lega si era avvitata a partire dalle Politiche. Peraltro, sostengono i suoi, “dovuta alla scelta di entrare nel governo Draghi caldeggiata proprio da chi oggi critica Salvini…”. Per risalire la china la strada è sempre quella del sovranismo, al fianco di Marine Le Pen che mercoledì incontrerà a Bruxelles. E che verrà ribadita al congresso nazionale in autunno che vedrà Salvini ancora in pista. Con eventuali avversari non all’orizzonte. Oggi non ci sono dichiarazioni da parte di Giancarlo Giorgetti, nè parla Massimiliano Fedriga, cui Salvini riconosce il dato del Friuli Venezia Giulia, il più alto per il Carroccio. Parla solo Zaia, che però si limita a tenere il punto sulla sua preferenza per una Lega “identitaria”, si professa “europeista incallito” e sottolinea che il partito “può ottenere di più”.