Nella notte, l’aviazione israeliana ha lanciato una serie di attacchi aerei devastanti su Beirut, concentrando il fuoco su un incontro di alto livello nel quartiere meridionale di Dahiyeh, roccaforte di Hezbollah. Secondo quanto riportato dal ‘New York Times’, che ha citato tre funzionari israeliani anonimi, l’obiettivo del raid era un incontro segreto a cui partecipavano importanti leader del gruppo sciita libanese, incluso Hashem Safieddine, considerato il successore designato di Hassan Nasrallah, leader storico di Hezbollah. L’incontro si teneva in un bunker sotterraneo, e la notizia del raid è stata subito segnalata dai media locali come uno dei bombardamenti più pesanti dell’ultimo anno. Non è ancora chiaro se Safieddine sia stato ferito o meno, ma l’operazione sottolinea la crescente intensità delle operazioni militari israeliane contro Hezbollah e i suoi vertici.
La rappresaglia di Hezbollah non si è fatta attendere: nelle prime ore del mattino, il gruppo ha lanciato una ventina di razzi verso il nord di Israele, prendendo di mira in particolare la città di Haifa. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno dichiarato che la maggior parte dei razzi è stata intercettata dal sistema di difesa aerea, evitando così danni significativi o vittime. Tuttavia, l’attacco ha attivato le sirene antiaeree nella regione, creando momenti di forte tensione tra la popolazione civile israeliana. Hezbollah ha rivendicato l’azione con una dichiarazione diffusa su Telegram, affermando che il lancio di razzi era una risposta diretta ai recenti raid israeliani contro obiettivi libanesi e palestinesi, elogiando la “coraggiosa resistenza” dei combattenti del gruppo.
Khamenei: Il 7 ottobre è stato un attacco legittimo
Il raid israeliano e la conseguente rappresaglia di Hezbollah arrivano in un contesto già altamente volatile. Il ‘Times of Israel’ ha riferito che l’attacco aereo su Beirut è avvenuto poche ore prima della cerimonia di commemorazione a Teheran per Hassan Nasrallah, storico leader di Hezbollah ucciso da un raid israeliano il 27 settembre. Durante la cerimonia, l’ayatollah Ali Khamenei, Guida Suprema dell’Iran, ha tenuto un discorso infuocato, definendo “legittimo” l’attacco missilistico lanciato da Hamas contro Israele il 7 ottobre scorso. Khamenei ha poi promesso di continuare a sostenere i gruppi della “resistenza” contro Israele e ha lasciato intendere che nuovi attacchi contro lo Stato ebraico potrebbero avvenire in futuro, qualora venissero considerati necessari.
Il discorso è stato pronunciato nella grande moschea di Teheran, davanti a migliaia di fedeli che portavano ritratti di leader uccisi facenti parte del cosiddetto “asse della resistenza”, che comprende Hezbollah, gli Houthi dello Yemen e vari gruppi armati in Siria e Iraq. Nel frattempo, sul fronte libanese meridionale, le operazioni militari israeliane si sono intensificate. Secondo le forze di sicurezza di Tel Aviv, circa 100 militanti di Hezbollah sono stati uccisi nelle recenti operazioni, mentre i soldati israeliani hanno sequestrato grandi quantità di armamenti. Un video diffuso dall’esercito israeliano mostra le truppe della 188ª Brigata corazzata mentre rinvengono lanciatori di missili anticarro, munizioni e altre armi nascoste in abitazioni civili nei villaggi del Libano meridionale, rivelando la portata del conflitto e la pervasività della presenza di Hezbollah nella regione.
Sebbene Hezbollah abbia rivendicato gli attacchi su Haifa, le IDF hanno sottolineato che non ci sono state vittime né gravi danni materiali. Un portavoce delle forze armate israeliane ha dichiarato che circa 20 razzi sono stati lanciati dal Libano verso il nord di Israele, ma la maggior parte è stata intercettata dal sistema di difesa aerea. Alcuni razzi sono caduti in aree aperte, senza provocare danni significativi. L’IDF ha poi aggiunto che sono stati rilevati anche “diversi colpi di mortaio” sparati nella zona dell’Alta Galilea, anch’essi intercettati o caduti in zone disabitate.
Nel frattempo, l’Iran ha aumentato la sua presenza diplomatica nella regione. Abbas Araghchi, alto funzionario della diplomazia iraniana, è arrivato a Beirut per una visita ufficiale. Secondo l’agenzia di stampa nazionale libanese, si tratta della prima visita di un alto rappresentante iraniano in Libano dopo l’uccisione di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, commemorato oggi a Teheran da Khamenei. Durante la preghiera del venerdì, l’ayatollah ha ricordato l’attacco missilistico iraniano del gennaio 2020 contro basi militari statunitensi in Iraq, un’azione condotta in risposta all’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani. Khamenei ha ribadito che l’Iran è pronto a colpire nuovamente Israele “se necessario”, sottolineando come l’attacco del 7 ottobre scorso da parte di Hamas sia stato una “risposta legittima” ai crimini israeliani.
La tensione nella regione si riflette anche in Cisgiordania, dove un attacco aereo israeliano ha colpito il campo profughi di Tulkarm, causando la morte di almeno 18 persone, secondo il ministro della Sanità palestinese. Questo attacco è stato descritto dai media locali come uno dei più letali nella Cisgiordania dal 2000. L’esercito israeliano ha confermato di aver condotto l’operazione insieme al servizio di sicurezza Shin Bet, e tra i morti vi sarebbe anche Zahi Yaser Abd al-Razeq Oufi, un importante comandante di Hamas nella regione. Sul fronte settentrionale, nuove tensioni sono emerse al confine tra Libano e Siria. Secondo quanto riferito dal ministro dei Trasporti libanese Ali Hamieh, un altro attacco israeliano ha colpito la zona di Masnaa, vicino al valico di frontiera con la Siria.
L’attacco ha provocato la chiusura della principale via di transito utilizzata da migliaia di persone in fuga dai bombardamenti israeliani nel sud del Libano. Sebbene al momento non ci siano segnalazioni di vittime o feriti, il danno infrastrutturale ha interrotto il passaggio di civili, creando una nuova emergenza umanitaria nella regione. L’escalation delle ostilità tra Israele, Hezbollah e gli altri attori coinvolti rischia di trascinare l’intero Medio Oriente in una nuova crisi. Tuttavia, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha cercato di stemperare le preoccupazioni internazionali dichiarando che “una guerra totale” nella regione può ancora essere evitata.
“Non credo che ci sarà una guerra totale. Penso che possiamo evitarla”, ha affermato Biden, pur riconoscendo che la situazione resta estremamente fragile e che ci sarà ancora molto lavoro diplomatico da fare per scongiurare un conflitto su larga scala. In questo scenario complesso e pericoloso, l’equilibrio geopolitico del Medio Oriente è messo a dura prova, con un intreccio di conflitti regionali che coinvolgono Israele, Hezbollah, l’Iran e i gruppi palestinesi, in una spirale di violenza che sembra non avere fine.