Negli ultimi giorni, l’attenzione mondiale è stata puntata sulla crescente tensione lungo il confine tra Libano e Israele. L’operazione militare israeliana, iniziata il 29 settembre, ha portato l’esercito dello Stato ebraico a condurre un intervento in territorio libanese per contrastare Hezbollah, ma nelle ultime ore gli sviluppi hanno assunto una piega inaspettata e drammatica. L’escalation ha raggiunto un nuovo picco quando Israele ha colpito deliberatamente alcune postazioni della missione di pace Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon), scatenando una crisi diplomatica internazionale senza precedenti.
La missione Unifil, attiva dal 1978 e composta da contingenti militari di diverse nazioni, ha il compito di monitorare la fragile tregua lungo la Linea Blu, il confine tra Israele e Libano. Tuttavia, mentre le operazioni militari israeliane si intensificavano, l’Idf (Israel Defense Forces) ha più volte richiesto ai caschi blu di spostarsi per agevolare i propri attacchi contro le postazioni di Hezbollah. Nonostante queste pressioni, i peacekeeper hanno ricevuto l’ordine dalle Nazioni Unite di non abbandonare le loro basi e di continuare a presidiare le postazioni, sebbene dovessero rimanere protetti all’interno delle loro strutture. Anche Hezbollah, da parte sua, aveva dato istruzioni ai propri miliziani di non attaccare l’Unifil, per evitare un conflitto aperto con le forze di pace.
L’attacco di Israele e le conseguenze sui contingenti Unifil
Il pericolo non è arrivato da Hezbollah, ma dallo stesso esercito israeliano. Le forze armate dello Stato ebraico, nella risposta alle organizzazioni terroristiche di Hamas e Hezbollah, hanno sparano su tre contingenti della missione Unifil, due dei quali italiani, scatenando proteste, critiche e censure di Unione europea e Italia. Il primo attacco è avvenuto presso il quartier generale dell’Onu a Naqura, dove due soldati indonesiani sono rimasti feriti a seguito del bombardamento di un carro armato Merkava. Le forze israeliane hanno poi preso di mira le basi Unifil 1-31 e 1-32A, entrambe gestite dal contingente italiano.
Secondo le fonti ufficiali, l’attacco ha avuto luogo dopo che un drone israeliano aveva ripetutamente sorvolato la base italiana 1-31. Un successivo colpo ha colpito l’ingresso del bunker dove erano rifugiati i caschi blu, che sono rimasti miracolosamente illesi. Anche altre basi Unifil sono state colpite, tra cui quelle spagnole e francesi, creando una situazione di crescente preoccupazione per l’incolumità delle truppe internazionali.
Israele ha cercato di giustificare gli attacchi sostenendo che le sue azioni erano necessarie per proteggere i propri confini e arginare la minaccia di Hezbollah. Tuttavia, la reazione internazionale è stata immediata e fortemente critica. L’Unione Europea, per voce del suo Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ha definito l’attacco “ingiustificabile e inammissibile”. In un messaggio pubblicato su X (ex Twitter), Borrell ha condannato duramente l’azione militare israeliana, sottolineando come la posizione dei peacekeeper fosse ben nota a Israele, e che colpire una missione di pace rappresenta un grave errore che oltrepassa le “linee rosse” della diplomazia internazionale.
Le reazioni italiane: una crisi senza precedenti tra Roma e Tel Aviv
Anche in Italia la reazione è stata rapida e decisa. Il governo italiano ha espresso la sua ferma condanna attraverso la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha convocato l’ambasciatore israeliano in Italia tramite il ministro della Difesa, Guido Crosetto, per chiedere spiegazioni e manifestare il profondo disappunto per quanto accaduto. Meloni ha definito l’attacco “inammissibile”, sottolineando che né l’Onu né l’Italia possono accettare pressioni o ordini da parte di Israele.
Il contingente italiano, con oltre 1.200 soldati, è il più numeroso della missione Unifil e ha un ruolo centrale nel mantenere la pace lungo la Linea Blu. “Nessuno può ordinarci di abbandonare le nostre postazioni”, ha dichiarato Meloni, aggiungendo che la sicurezza dei soldati italiani è una priorità per il governo, e che l’Italia non permetterà ulteriori attacchi contro i propri militari senza una risposta diplomatica adeguata.
Le fonti militari italiane sul campo hanno confermato che la situazione rimane estremamente tesa. “Nonostante gli attacchi, restiamo nelle nostre basi e continuiamo a fare il nostro dovere nel rispetto delle direttive dell’Onu e del Ministero della Difesa”, hanno riferito fonti dell’Unifil. Tuttavia, la pressione continua. Anche dopo l’attacco, l’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, ha raccomandato ai caschi blu di spostarsi di almeno 5 km a nord per evitare ulteriori rischi, mentre la situazione sul terreno rimane instabile. Questa “raccomandazione” è stata interpretata dalle forze Unifil e dai Paesi coinvolti come una vera e propria minaccia velata, che Israele potrebbe considerare legittimo bersagliare chiunque non rispetti il suo invito.
#Libano
Militari italiani in sicurezza.
Il Ministro @GuidoCrosetto protesta con il Ministro israeliano @yoavgallant. Convocato ambasciatore israeliano in Italia.Leggi la notizia: 👉🏻 https://t.co/qyCKPU6P4s pic.twitter.com/k5EPhaD8TQ
— Ministero Difesa (@MinisteroDifesa) October 10, 2024
Le ripercussioni diplomatiche e la posizione dell’Unione Europea
L’attacco israeliano contro i contingenti Unifil ha aggravato ulteriormente le già complicate relazioni tra Israele e l’Unione Europea. Bruxelles aveva già criticato Tel Aviv per le operazioni condotte contro operatori sanitari in Libano, considerate una violazione del diritto umanitario internazionale. Le nuove aggressioni ai peacekeeper, che operano sotto mandato Onu, sono state interpretate come una sfida diretta al diritto internazionale e hanno rafforzato le critiche nei confronti del governo di Benjamin Netanyahu. Anche la Spagna e la Francia, altri Paesi chiave nella missione Unifil, hanno condannato gli attacchi.
Nelle basi colpite vi erano 49 soldati spagnoli, e Parigi ha espresso la sua preoccupazione per la sicurezza dei caschi blu francesi, ricordando a Israele il suo dovere di proteggere le forze internazionali. In risposta a questi sviluppi, Italia e Francia hanno deciso di organizzare una videoconferenza con gli altri Paesi europei partecipanti alla missione, per coordinare una posizione comune e valutare le prossime mosse da adottare a livello diplomatico e operativo. Gli Stati Uniti, alleato di lunga data di Israele, hanno espresso “preoccupazione” per l’accaduto, ma finora non sono andati oltre le dichiarazioni.
Sullo sfondo, la guerra tra Israele e Hezbollah
Mentre il fronte diplomatico si infiamma, sul campo di battaglia la guerra tra Israele e Hezbollah continua a intensificarsi. L’Idf ha annunciato di aver eliminato due comandanti delle milizie filoiraniane e di aver colpito importanti depositi di armi a Beirut e nel sud del Libano. Dall’altra parte, Hezbollah ha rivendicato di aver distrutto carri armati israeliani lungo la Linea Blu, infliggendo perdite significative all’esercito israeliano. A Beirut, nuovi raid aerei israeliani hanno colpito obiettivi strategici, causando numerose vittime.
Secondo le autorità libanesi, il bilancio complessivo dall’inizio dei combattimenti è drammatico: oltre 2.169 morti e più di 10.000 feriti, con gran parte della popolazione civile intrappolata nel fuoco incrociato tra le due parti. La crisi tra Israele, Hezbollah e la comunità internazionale sembra destinata a prolungarsi, con poche prospettive di de-escalation a breve termine. Gli attacchi contro le postazioni dell’Unifil rappresentano un grave pericolo per la stabilità della regione, e l’inerzia diplomatica potrebbe alimentare ulteriormente il conflitto. Il ruolo delle Nazioni Unite e dei Paesi europei sarà cruciale per cercare di contenere una situazione che rischia di degenerare in un conflitto ancora più ampio e devastante.