Farmaco sperimentale, un nasale spray contro l’Alzheimer
Nuove possibilità di cura, sfruttando l’inibizione di un enzima chiave
Un futuro in cui uno spray nasale possa contrastare l’Alzheimer non è più solo fantascienza. Grazie a uno studio condotto dai ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, emerge una promettente strategia terapeutica per combattere il declino cognitivo associato a questa devastante patologia. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS, apre la strada a nuove possibilità di cura mirate, sfruttando l’inibizione di un enzima chiave, lo zDHHC, tramite somministrazione di farmaci per via nasale.
L’enzima zDHHC
Alla base dello studio vi è la scoperta che nel cervello dei pazienti affetti da Alzheimer si rileva un eccesso dell’enzima S-aciltransferasi (o zDHHC), il quale gioca un ruolo cruciale nel declino cognitivo. Maggiore è la concentrazione di questo enzima, peggiori risultano le performance cognitive dei pazienti. Lo zDHHC regola una reazione biochimica chiamata S-palmitoilazione, che modifica proteine essenziali come beta-amiloide e tau, note per il loro coinvolgimento nella malattia.
Le alterazioni di questa reazione possono favorire l’accumulo di proteine tossiche nei neuroni, aggravando la neurodegenerazione. Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che inibire l’attività dello zDHHC con il farmaco sperimentale 2-bromopalmitato può ridurre l’accumulo di beta-amiloide, ritardare la progressione della malattia e migliorare le funzioni cognitive nei modelli sperimentali.
La relazione con il metabolismo
Lo studio sottolinea anche un legame tra insulino-resistenza e Alzheimer, tanto che questa patologia viene talvolta definita diabete di tipo III. Durante le prime fasi della malattia, le alterazioni metaboliche cerebrali portano a un aumento dell’enzima zDHHC7, influenzando negativamente il funzionamento cognitivo.
Precedenti studi del gruppo di ricerca avevano già dimostrato che la S-palmitoilazione è alterata in condizioni di insulino-resistenza, come il diabete di tipo 2. Questo ulteriore tassello rafforza l’idea che intervenire su meccanismi metabolici chiave potrebbe aprire nuove possibilità terapeutiche per le malattie neurodegenerative.
Spray nasali e terapie genetiche
Nei test condotti su modelli murini di Alzheimer, l’uso di uno spray nasale a base di 2-bromopalmitato ha mostrato risultati sorprendenti: oltre a frenare la neurodegenerazione, ha migliorato i sintomi cognitivi e allungato la vita degli animali. Tuttavia, il farmaco presenta ancora limiti di precisione.
Grazie a un finanziamento di 890.000 euro ottenuto nell’ambito del PNRR 2023, i ricercatori lavoreranno su nuove terapie più specifiche, come i “cerotti genetici”. Questi piccoli oligonucleotidi si legano all’RNA dell’enzima zDHHC, bloccandone la maturazione. Un’altra opzione esplorata sarà l’uso di proteine ingegnerizzate capaci di interferire direttamente con l’attività dell’enzima.
Implicazioni future
L’innovativo approccio descritto nello studio apre prospettive entusiasmanti nella lotta all’Alzheimer. Il sogno di un trattamento non invasivo, come uno spray nasale, è un passo concreto verso il miglioramento della qualità della vita di milioni di pazienti. Se queste terapie si dimostrassero efficaci nell’uomo, potremmo assistere a una vera rivoluzione nel trattamento delle malattie neurodegenerative, con implicazioni non solo mediche, ma anche sociali ed economiche. Lo studio rappresenta un grande traguardo per la ricerca italiana, ponendola all’avanguardia nella sfida globale contro l’Alzheimer.