La riforma costituzionale sul premierato: torna in discussione a gennaio

Il Senato, lo scorso 18 giugno, ha approvato in prima lettura il provvedimento

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La riforma costituzionale che introduce il premierato, con l’elezione diretta del presidente del Consiglio, sarà uno dei temi chiave nel programma dei lavori parlamentari di gennaio, come emerso dalla conferenza dei capigruppo. La calendarizzazione esatta verrà definita al termine delle attività legislative di dicembre.

Un percorso già avviato

Il Senato, lo scorso 18 giugno, ha approvato in prima lettura la riforma con 109 voti favorevoli, 77 contrari e un astenuto. La premier Giorgia Meloni ha accolto con entusiasmo il risultato, definendolo “un passo avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle istituzioni e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati”. Tuttavia, le opposizioni, tra cui Marco Grimaldi di Alleanza Verdi e Sinistra, criticano la riforma come un “patto scellerato” che mina l’equilibrio istituzionale.

Cosa prevede la riforma sul premierato?

La proposta mira a modificare quattro articoli della Costituzione per introdurre l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Attualmente, il premier è nominato dal presidente della Repubblica sulla base delle maggioranze parlamentari, ma con la riforma sarebbero i cittadini a votarlo direttamente, insieme alle elezioni per il Parlamento.

Durata e limiti dei mandati

Il premier resterebbe in carica per cinque anni, con un massimo di due mandati consecutivi. Un’eccezione è prevista se i due mandati precedenti non superano complessivamente i sette anni e sei mesi, consentendo in tal caso una terza candidatura.

Le principali novità

  1. Sistema elettorale
    Il testo non specifica il meccanismo preciso per l’elezione diretta del premier, rimandandolo a una futura legge ordinaria. Tuttavia, introduce il principio di un premio di maggioranza per garantire la stabilità parlamentare, pur senza definirne la percentuale esatta.

  2. Nomina dei ministri
    Il presidente della Repubblica nominerà e potrà revocare i ministri su proposta del premier. Questa modifica conferisce al presidente del Consiglio un maggiore controllo sulla composizione del governo rispetto all’attuale sistema.

  3. Gestione della fiducia
    Entro dieci giorni dalla formazione, il governo dovrà ottenere la fiducia delle Camere. In caso di mancata fiducia, il premier potrà proporre una nuova squadra di ministri. Se anche questo tentativo fallisse, il presidente della Repubblica scioglierà le Camere.

  4. Crisi di governo
    La riforma prevede regole precise per la gestione delle crisi. In caso di sfiducia o dimissioni del premier, le Camere vengono sciolte. Tuttavia, il presidente della Repubblica potrà conferire un nuovo incarico a un parlamentare della coalizione vincitrice, evitando governi tecnici o di larghe intese.

  5. Abolizione del semestre bianco
    La riforma elimina il divieto di scioglimento delle Camere negli ultimi sei mesi del mandato del presidente della Repubblica, rendendo possibile lo scioglimento anche in questo periodo se richiesto dal premier dimissionario o sfiduciato.

La riforma del premierato rappresenta un cambiamento radicale nell’architettura istituzionale italiana. Da un lato, potrebbe garantire maggiore stabilità politica e chiarezza nelle responsabilità di governo; dall’altro, le opposizioni temono un accentramento eccessivo del potere esecutivo. La discussione a gennaio sarà cruciale per delineare il futuro del sistema politico italiano. Mentre la maggioranza spinge per un modello di governo più diretto e stabile, le perplessità su potenziali squilibri democratici restano al centro del dibattito. La fase finale della riforma sarà un banco di prova decisivo per misurare il consenso politico e sociale intorno a questa trasformazione epocale.