A un anno dal primo storico incontro nella sede del Partito democratico, Silvio Berlusconi martedì 27 gennaio varcherà di nuovo la soglia del Nazareno, accompagnato da una delegazione di Forza Italia composta sicuramente dai due capigruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Paolo Romani. Alle 19 il leader azzurro incontrerà Matteo Renzi, oggi anche premier a differenza di quel 18 gennaio 2014 quando il politico toscano vestiva solo i panni del segretario dem. Sul tavolo questa volta il successore di Giorgio Napolitano, anche se, riferiscono fonti parlamentari, il confronto con Forza Italia sarà forse quello più semplice da superare. Non è un mistero infatti che di Colle si sia già parlato nell’incontro di martedì 20 gennaio, non è stato fatto nessun nome, ma come confermano fonti autorevoli, l’ex cav avrebbe ricevuto dal premier la certezza che Forza Italia avrebbe avuto voce in capitolo nella partita del Colle.
In cambio il partito di Berlusconi avrebbe colmato quel vuoto minacciato e poi concretizzatosi dalla minoranza del Pd nell’aula del Senato sull’Italicum. Se Silvio sarà dunque nella piazza dell’omonimo ex collegio nel centro di Roma, al Nazareno non ci andrà Beppe Grillo. “Noi al Nazareno, con tutto il rispetto, non ci andiamo”. Lo ha scandito ieri Alessandro Di Battista, deputato M5s e componente del direttorio, dal palco allestito in piazza del Popolo per “La notte dell’onesta” dove ieri ha letto, la risposta del Movimento all’invito del presidente del Consiglio ad andare a discutere nella sede del Partito Democratico il nome del candidato al Quirinale.
“Caro Renzi, è il popolo italiano che ti parla. Il Presidente della Repubblica non può essere di parte. La sua figura di garante dell’onestà deve essere rappresentativa e condivisa questo era l’auspicio dei padri costituenti quando scrissero nell’articolo 38 che per i primi tre scrutini fosse necessaria la maggioranza dei due terzi. Lei invece ha già deciso che il capo dello Stato sarà eletto dalla quarta votazione in poi quando sarà sufficiente solo la metà più uno dei voti”. “In questo modo il nome del nuovo presidente sarà espressione del volere di un partito solo: quello suo e di Berlusconi”.