Ecco tutti i precedenti presidenti della Repubblica

Ecco tutti i precedenti presidenti della Repubblica
28 gennaio 2015

Undici presidenti della Repubblica per dodici mandati dal 1946 ad oggi: è questo il quadro che si presenta alla vigilia del voto per l’elezione del successore di Giorgio Napolitano da domani in votazione a Montecitorio. Da Enrico De Nicola (foto) al dimissionario uscente Napolitano – tra presidenti provvisori, malati, dimissionari, eccezionalmente rieletti ed elezioni al primo colpo, o dopo decine di scrutini, oppure condizionate da drammi come l’assassinio di Giovanni Falcone – sono stati sessanta anni ricchi di colpi di scena. Di seguito l’elenco dei nostri presidenti della Repubblica, di diverso colore politico, età, professione, credo religioso. Ma con il comun denominatore di essere stati finora tutti maschi, supplenti compresi.

ENRICO DE NICOLA – Il primo presidente è Enrico De Nicola che viene eletto, in un’Italia messa in ginocchio dalla guerra e che passa dalla monarchia alla Repubblica, il 28 giugno 1946 dall’Assemblea costituente. I voti a favore di questo avvocato napoletano sono 396 su 501 votanti. Il 25 giugno 1947 De Nicola si dichiara costretto, per le sue condizioni di salute, a rassegnare le dimissioni dalla carica. Il 26 giugno l’Assemblea Costituente, con 405 voti su 431 votanti, lo rielegge capo provvisorio dello Stato. De Nicola assume il titolo di presidente della Repubblica dal 1* gennaio 1948 a norma delle disposizioni finali e transitorie della Costituzione.

LUIGI EINAUDI – Il successore di De Nicola è il piemontese Luigi Einaudi, eletto l’11 maggio 1948 al quarto scrutinio. I voti a favore di questo professore universitario di altissimo livello (con anche una prestigiosa carriera giornalistica) sono stati 518 su 872 votanti, con un solo astenuto.

GIOVANNI GRONCHI- Il 29 aprile 1955 tocca a Giovanni Gronchi salire al Colle. Toscano di Pontedera, professore di lettere e filosofia e tra i fondatori del Partito Popolare Italiano, viene eletto al quarto scrutinio, con 658 sì su 833 votanti.

ANTONIO SEGNI – Il 6 maggio 1962 è la volta di un professore di diritto processuale civile, il sardo Antonio Segni. E’ eletto al nono scrutinio, con 443 sì su 842 votanti. Colpito da malattia il 7 agosto 1964 e accertata la condizione di impedimento temporaneo, dal successivo giorno 10 è stata istituita la supplenza del presidente del Senato, Cesare Merzagora, fino al 28 dicembre 1964. Segni ha rassegnato le dimissioni in data 6 dicembre 1964.

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GIUSEPPE SARAGAT – Segue l’elezione di Giuseppe Saragat, il 28 dicembre 1964. Torinese, esperto di scienze economiche e commerciali, è stato presidente della Assemblea costituente. Nel 1947 ha fondato il Partito socialista dei lavoratori italiani (successivamente Partito Socialista democratico italiano) del quale è stato segretario politico. Ha rassegnato le dimissioni da presidente dell’Assemblea Costituente ed ha assunto la segreteria politica del nuovo partito. E’ stato eletto al ventunesimo scrutinio con 646 voti favorevoli su 937 presenti, con 10 astenuti.

GIOVANNI LEONE – Dopo Saragat arriva al Quirinale il napoletano Giovanni Leone, avvocato ed esperto di diritto e procedura penale. Viene eletto il 24 dicembre 1971 al ventitreesimo scrutinio per una manciata di voti rispetto alla maggioranza assoluta dei componenti l’assemblea: 518 contro i 505 richiesti, con 996 votanti. Una presidenza per nulla affatto tranquilla, caratterizzata da polemiche e scontri politici e culminata con le accuse di corruzione legate allo scandalo Lockheed e alle tangenti da questa azienda pagate a politici e militari in diversi Paesi allo scopo di vendere i propri aerei. Nel 1978 Leone viene travolto dallo scandalo ed è costretto a dimettersi il 15 giugno di quell’anno. Anni dopo viene riconosciuta l’insussistenza delle accuse a lui rivolte.

SANDRO PERTINI – Il presidente successivo è Sandro Pertini.
Avvocato di Stella, nella provincia di Savona, partecipò alla lotta partigiana venendo più volte arrestato e mandato in carcere e al confino. Terminata la lotta antifascista si dà al giornalismo e alla politica. E’ eletto l’8 luglio 1978 con 832 voti a favore su 995 votanti.

FRANCESCO COSSIGA – Tocca poi a Francesco Cossiga. Esperto di diritto costituzionale, nato a Sassari, è stato, fra l’altro, presidente del Consiglio e più volte ministro. Da titolare dell’Interno, incarico ricoperto in pieno periodo di contestazioni di piazza e attentati (con il suo cognome storpiato e scritto sui muri delle città con la K iniziale e con la doppia esse sostituita da SS in caratteri runici, con chiaro riferimento alla famigerata organizzazione para-militare del Partito nazista) si dimise dopo l’uccisione di Aldo Moro. Viene eletto al primo scrutinio il 24 giugno 1985, con 752 voti su 977 votanti e si guadagna il soprannome di ‘picconatore’ quando, in coincidenza con l’ultima anno, anno e mezzo di mandato incomincia a ‘togliersi sassolini dalle scarpe’ e a fustigare la classe politica, coinvolta nello scandalo di Tangentopoli.

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OSCAR LUIGI SCALFARO – E’ il turno di Oscar Luigi Scalfaro. Nato a Novara, magistrato, lascia la toga per la carriera politica. E’ eletto presidente della Camera dei Deputati il 24 aprile 1992 ma è un incarico che dura poco. Cossiga si è dimesso il 28 aprile 1992 e sono in corso le votazioni per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Vanno a vuoto l’una dopo l’altra. Il 23 maggio viene ucciso a Capaci Giovanni Falcone, con la moglie e la scorta. Ecco allora che la politica, come d’incanto, trova l’accordo e il 25 maggio, al sedicesimo scrutinio, viene eletto Scalfaro che raccoglie 672 sì su 1002 votanti. Sin dall’inizio del suo mandato Scalfaro è chiamato ad affrontare la più grave crisi della storia repubblicana con preoccupanti manifestazioni sul piano politico ed economico. Esplode il fenomeno di Tangentopoli che provoca un serio affievolimento della rappresentatività della politica e nel contempo si verifica anche una inquietante perdita della capacità di acquisto della moneta, con ripercussioni di carattere generale. Si sforza in ogni circostanza di rincuorare il Paese e di rassicurare gli osservatori internazionali sulla saldezza delle istituzioni italiane. E’ anche frutto di questa azione se la lira, nonostante le previsioni negative di molti, giunge all’approdo nell’Euro. Per favorire il giuramento e l’insediamento del suo successore Scalfaro, si dimette in anticipo sulla scadenza del mandato.

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CARLO AZEGLIO CIAMPI – Ecco Carlo Azeglio Ciampi. Banchiere centrale e uomo politico, è nato a Livorno. Viene assunto dalla Banca d’Italia nel 1946 per diventarne, nel 1979, Governatore.
Nell’aprile ’93 assume la carica di presidente del Consiglio.
Dall’aprile 1993 al maggio 1994, Ciampi ha governato durante una fase di difficile transizione istituzionale ed economica. Il referendum elettorale e la congiuntura sfavorevole caratterizzata da un rallentamento della crescita economica richiedevano immediate risposte. Come ministro del Tesoro e del Bilancio del governo Prodi e del governo D’Alema Ciampi ha dato un contributo determinante al raggiungimento dei parametri previsti dal Trattato di Maastricht, permettendo così la partecipazione dell’Italia alla moneta unica europea, sin dalla sua creazione.
Tra i provvedimenti più significativi di questo periodo si ricorda la manovra correttiva della politica di bilancio varata nel settembre del 1996 dal governo Prodi, che ha consentito un abbattimento di oltre 4 punti percentuali del rapporto indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni rispetto al prodotto interno lordo, il parametro di Maastricht di più arduo conseguimento per il nostro Paese. Il 13 maggio del 1999 è stato eletto, in prima votazione, decimo presidente della Repubblica, con 707 sì su 990 votanti

GIORGIO NAPOLITANO – Infine Giorgio Napolitano, napoletano, eletto la prima volta il 10 maggio 2006 al quarto scrutinio con 543 sì su 990 votanti e la seconda volta il 20 aprile 2013, al sesto scrutinio, con 738 voti favorevoli su 997 votanti. Dopo avere atteso il termine del semestre italiano di Presidenza europea, alla soglia dei 90 anni, Napolitano si è dimesso il 14 gennaio scorso, consapevole di avere ‘il dovere di non sottovalutare i segni dell`affaticamento’.

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