Minoranza chiede riforme condivise, Renzi aspetta mosse Fi

Minoranza chiede riforme condivise, Renzi aspetta mosse Fi
17 febbraio 2015

Toni pacati, ma nessuna vera concessione nella sostanza: Matteo Renzi parla in direzione Pd mostrando di voler in qualche modo recuperare un clima più tranquillo sulle riforme, ma senza per ora offrire una vera contropartita politica alle opposizioni e alla minoranza Pd. Non a caso, gli interventi di Gianni Cuperlo, Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre sono critici, rimproverano al premier di liquidare con “battute” un problema politico e chiedono con forza di rimettere mano a quanto votato fin qui, sia per quanto riguarda la legge elettorale che la riforma della Costituzione. Lo scontro degli ultimi giorni non è piaciuto nemmeno a Renzi, il premier sa che una situazione come quella di venerdì scorso non è gestibile a lungo e per questo oggi ha fatto appello innanzitutto al “senso di responsabilità” del Pd. Il dialogo va bene, ha speigato Renzi, ma “non è un mercimonio come quello proposto da M5s, ‘stiamo in Aula se ci date il referendum consultivo’. E’ la Carta costituzionale, non è il mercante in fiera…”.

E se la minoranza, con D’Attorre, invita esplicitamente a fare come per il Quirinale, ovvero a partire da un dialogo tra Pd e Sel, Renzi fa capire che lui considera ancora prioritario il confronto con Fi, il partito che finora ha condiviso tutto il percorso delle riforme: “In Forza Italia – ha spiegato in direzione – c’è una discussione vera, tra due linee diametralmente opposte”, ovvero tra “chi vuole le elezioni anticipate subito” e chi invece “vuole fare le riforme e andare al 2018. C’è un travaglio in Fi che va rispettato, perché c’è una linea più intransigente, quella di Brunetta, che dice ‘le riforme sono uno schifo, si vada a votare’, e c’è della coerenza in questa posizione. E c’è un’altra posizione che non definisco dialogante ma razionale se non ragionevole, di chi avendo scritto le riforme insieme, dice ‘finiamo le riforme e arriviamo al 2018′”.

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Anche per questo il premier ieri non ha risposto alle sollecitazioni della minoranza, Renzi confida in una ulteriore evoluzione nelle posizioni di Fi che faccia, se non altro, superare la posizione aventiniana al partito di Berlusconi. Se ciò accadesse, verrebbe meno automaticamente l’argomento usato oggi dalla minoranza Pd, quello delle riforme fatte “con mezza aula vuota”. Certo, il premier avverte che a prescindere dall’esito del dibattito in Fi “noi arriveremo al 2018 facendo le riforme, con o senza di loro”. Ma fonti del Pd alla Camera assicurano che la diplomazia è al lavoro per ottenere almeno che il partito di Berlusconi stia in aula al momento del voto finale, fissato per marzo. Per quanto riguarda il dialogo con Sel, invece, Renzi al momento preferisce aspettare.

Intanto perché un ritorno in aula di Fi, come detto, romperebbe il fronte delle opposizioni. In secondo luogo perché “vediamo quanto tempo regge Vendola a fare le conferenze stampa con Lega, Fi e Fdi…”, si lascia sfuggire un renziano. Inutile dire che, al momento, Renzi non ha alcuna intenzione di rimettere mano alla legge elettorale. Il primo motivo è lo stesso appena descritto: se Fi desse segnali positivi, il problema di barricate della minoranza alla Camera verrebbe meno. Ma, soprattutto, Renzi non ha alcuna intenzione di riportare l’Italicum al Senato, dove a questo punto i numeri sarebbero davvero a rischio e la legge potrebbe davvero finire “nella palude”, per usare una definizione cara al premier. L’ipotesi di un ritocco alla norma che prevede i capilista bloccati, al momento, sembra solo un avvertimento per convincere Fi a non sfilarsi proprio ora.

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