Unicredit pulisce i conti dai crediti in sofferenza cresciuti a dismisura negli anni della crisi, presenta un bilancio con una perdita record di 14 miliardi. E annuncia 8500 esuberi nel suo organigramma, 5700 in Italia, da sistemare nei prossimi 5 anni. Uno scossone che può significare per i vertici e per l’ad Federico Ghizzoni l’inizio della svolta. La Borsa ringrazia e brinda, anche ovviamente per l’intenzione di rilanciare l’istituto di credito, ma soprattutto perché la “ramazza” nei conti 2013 esclude nuovi aumenti di capitale. Gli azionisti ringraziano e gli operatori acquistano a mani basse portando il titolo a crescere del 6%. Il 2013 viene archiviato così con un rosso di 14 miliardi di euro, che sconta rettifiche per 9,3 miliardi di euro e altrettanti accantonamenti su crediti, 7,2 miliardi, per coprire i 6,8 miliardi di crediti rischiosi concessi nel nostro Paese. Il ritorno all’utile, pari a 2 miliardi di euro, dopo la cura drastica è previsto già con l’esercizio 2014 e il risultato sarà più che triplicato, a 6,6 miliardi, nel 2018, secondo le previsioni del piano approvato ieri dal cda. Di contro, la banca dovrà gestire altri 8.500 esuberi in 5 anni, di cui 5.700 in Italia. Ai soci, chiamati in assemblea il 13 maggio, sarà distribuito per il 2013 un dividendo in azioni di 10 centesimi (9 centesimi la cedola cash del 2012).
“Unicredit ha un bilancio più solido e aderente alla realtà, la mia fiducia e il morale sono alti e oggi siamo pronti a ripartire”, ha commentato Ghizzoni, parlando di “decisioni coraggiose prese in tutta autonomia”. Con le rettifiche dell’ultimo trimestre del 2013 (in perdita per 15 miliardi), Unicredit ha completato quasi per intero la svalutazione dell’avviamento di gruppo. Gli accantonamenti aggiuntivi portano il livello di copertura dei rischi al 52%, su livelli “pari al 2008” e “ben al di sopra delle altre banche italiane», ha sottolineato Ghizzoni. La banca ha contabilizzato nel bilancio la plusvalenza generata dalla rivalutazione del 22% di Bankitalia che ha in portafoglio; se arrivasse lo stop delle autorità, la perdita netta 2013 crescerebbe di 1,2 miliardi di euro ma resterebbe invariato al 9,4% il core tier 1 calcolato su Basilea 3. Per tutto l’arco del piano, Unicredit, che si dice “assolutamente tranquilla” in vista dell’asset quality review della Bce, punta a mantenere il Core tier 1 al 10%. Entro luglio infine sarà collocata in Borsa una quota di minoranza della controllata Banca Fineco.