Def, oggi via libera dal Cdm. Pil in rialzo e 10 miliardi da spending

Def, oggi via libera dal Cdm. Pil in rialzo e 10 miliardi da spending
10 aprile 2015

di Maurizio Balistreri

Slitta alle 20 il Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva del Documento di Economia e Finanza. La riunione, convocata in origine per le 10, è stata aggiornata in serata – spiegano fonti di governo – in seguito alla richiesta del premier Matteo Renzi di un ulteriore lavoro di coordinamento del testo, che fino a ieri sera è stato oggetto di correzioni e limature. Una motivazione confermata dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio: “Le carte, comprese quelle del mio ministero con l’allegato Infrastrutture, sono arrivate ieri nella tarda sera. Visto che vogliamo fare le cose seriamente ci prendiamo altre 12 ore per la rilettura del testo”. Delrio ha negato problemi sul testo o all’interno del governo: “Siamo sereni, tranquilli e d’accordo”. Anche da palazzo Chigi assicurano che non ci sono problemi, mentre dal Tesoro spiegano che “i grandi numeri sono quelli presentati già martedì scorso e non cambieranno”. I tecnici del Mef sono comunque a palazzo Chigi, per lavorare a stretto contatto con gli uomini della Presidenza su eventuali ulteriori limature e su eventuali altre integrazioni che sono state chieste ai diversi ministeri. Si è invece svolto il Cdm per ufficializzare la nomina di Claudio De Vincenti come nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con funzione di segretario del Consiglio dei ministri, in sostituzione di Graziano Delrio che ha assunto la guida del ministero delle Infrastrutture. Dal Def anche qualche numero potrebbe essere limato ma non dovrebbero essere toccate le grandezze principali su Pil, deficit e debito. Intanto, il documento è già stato calendarizzato nell’Aula di Montecitorio per il 23 aprile. Le linee guida del Def già annunciate dal governo in occasione della conferenza stampa di martedì scorso lasciavano intravedere un quadro di ottimismo “non più emergenziale” seppur improntato alla prudenza. Si è parlato di un documento di “ampio respiro” con previsioni di crescita superiori alle precedenti ma che restano tuttavia “prudenti” in attesa del consolidarsi della fiducia di cittadini, imprese, mercati e istituzioni. Lo stesso Padoan aveva spiegato che i numeri potrebbero rivelarsi “sbagliati per difetto” ed essere “più positivi” di quelli contenuti nel documento. L’economia italiana, quindi, dopo tre anni di recessione tornerà a crescere a ritmi dello 0,7% quest’anno rispetto allo 0,6% stimato ad ottobre, per raggiungere un aumento dell’1,4% nel 2016 e dell’1,5% nel 2017.

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Il deficit nominale, invece, per il 2015 resta al 2,6%, per poi scendere all’1,8% nel 2016, allo 0,8% nel 2017, e azzerarsi nel 2018. Il pareggio di bilancio strutturale resta confermato al 2017 pur potendolo anticipare di un anno per conferire una natura espansiva alla programmazione. Ma dai dati arrivano ulteriori margini per misure a sostegno dell’economia: dalla differenza fra il disavanzo tendenziale e il programmatico si aprono spazi per 0,1 punti percentuali quest’anno (circa 1,6 miliardi) e 0,4 punti (circa 7 miliardi) l’anno prossimo. A garantire che nel prossimo triennio non ci saranno tagli alla spesa sociale nè altri aumenti di tasse sono stati in più occasioni sia il ministro Padoan sia il premier Matteo Renzi. Quest’ultimo ancora oggi ha rassicurato i Comuni sull’assenza nel Def di ulteriori tagli per gli enti locali rispetto a quelli già previsti dalla legge di stabilità. Una garanzia che ha portato il presidente dell’Anci e sindaco di Torino, Piero Fassino, a parlare di “incomprensioni e fraintendimenti” superati. A fare i conti, intanto, è la Cgia di Mestre secondo cui dall’inizio della crisi agli enti locali sono stati chiesti sacrifici per 26,5 miliardi di euro. Anche se non ci saranno tagli alle prestazioni sociali, sono in arrivo riduzioni alla spesa pubblica per almeno 10 miliardi di euro nel 2016 (0,6 punti di Pil). Una sforbiciata che non potrà lasciare indenni Regioni ed enti locali. L’operazione, allo studio di Yoram Gutgeld e Roberto Perotti, va dallo sfoltimento delle partecipate al riordino delle gevolazioni fiscali e incentivi alle imprese. E dal riordino degli incentivi alle imprese e tax expenditures dovrebbe arrivare un terzo (circa 3 miliardi) del totale dei 10 miliardi. Il governo, inoltre, punta molto sulla razionalizzazione degli immobili pubblici e sull’attuazione della riforma Madia della pubblica amministrazione.

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In arrivo, anche, un’ulteriore stretta sulle pensioni di invalidità per eliminare le ingiuste differenze fra le diverse Regioni. Parte dei risparmi della spending review serviranno a disinnescare le clausole di salvaguardia sull’Iva (da cui sono attesi 16 miliardi di maggiori entrare l’anno prossimo e altri 7 miliardi nel 2017) che in caso contrario scatterebbero dal 2016. Allo stesso scopo il governo spera di destinare i benefici di una crescita superiore alle attese. Tuttavia, buona parte della copertura, circa un terzo, arriverà dalla minor spesa per interessi sui titoli pubblici. Allo stesso scopo potrebbe essere anche indirizzato il margine sul deficit sfruttando la regola europea che consente di allontanarsi dal percorso concordato sul pareggio di bilancio a fronte dell’attuazione di riforme strutturali. Le due parole d’ordine della politica economica dell’esecutivo nel prossimi mesi, secondo quanto annunciato dallo stesso Padoan, sono “meno tasse e più lavoro”. In quest’ottica il Def stima una riduzione del tasso di disoccupazione al 12,3% già quest’anno, contro il 12,7% del 2014, per poi scendere ancora all’11,7% il prossimo anno, all’,11,2% nel 2017 fino al 10,5% nel 2019. Quanto al fisco, invece, al di là dell’annuncio su nessun aumento delle tasse, il rapporto tra gettito e Pil salirà dal 43,5% attuale al 44,1%. Questo nonostante il Pil sia stato rivisto al rialzo.

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Articolo aggiornato alle 12:25

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