Sprint regionali, Renzi contro non voto e “giochi romani”

Sprint regionali, Renzi contro non voto e “giochi romani”
26 maggio 2015

berlusconi-renziMeno 6, domenica prossima si vota per le regionali e come ormai da tempo è l’astensionismo il fantasma più temuto, tanto dall’opposizione quanto dai partiti di governo. Matteo Renzi coglie l’occasione del ‘Memorial day’ che ricorda la fine della seconda guerra mondiale per chiamare gli elettori alle urne, Lega e Berlusconi sparano contro l’Ue nella speranza di solleticare parte dei tanti che ormai considerano l’Europa solo un ostacolo. Per Renzi, però, c’è un problema in più da affrontare, ovvero il rischio di un blitz di chi, anche nel Pd, vuole cogliere l’occasione per fare inciampare il premier, per esempio in Liguria. Renzi affronta prima il tema dell’astensionismo e ricorda che settant’anni fa c’è chi ha sacrificato la vita per poter votare: “Andate a votare. Votare è il motivo per il quale hanno perso la vita migliaia di persone”. Il presidente del consiglio che il clima non è lo stesso di un anno fa alle europee, il governo logora, almeno in questa fase storica, a differenza di quanto sosteneva Giulio Andreotti, e esiste il rischio che le difficoltà che tante famiglie italiane vivono ogni giorno si scarichino anche nelle urne per le regionali. Magari, appunto, attraverso il non voto, ma il successo di Podemos è un segnale anche in Italia.

Lega, M5s, possono intercettare parte del malcontento e Renzi, non a caso, aggiunge: “Date una mano al Pd perché fuori dal partito democratico, cosa c’è?”. L’altro fronte, per il premier, è quello interno, ovvero la ribellione di parte della sinistra Pd, che in Liguria ha prodotto addirittura una lista concorrente: “Le elezioni servono per decidere chi governa e per risolvere i problemi della gente, non per occuparsi di giochi politici romani. Noi non siamo uomini e donne costruiti in laboratorio, ma siamo persone che cercano di dare un futuro fatto di speranza”. Renzi risponde a Nichi Vendola, che qualche giorno fa aveva proporio definito la Liguria un “laboratorio”, ma parla anche al suo partito, che in quella regione è più diviso che mai. Su questo punto il premier tocca un nervo scoperto, per la sinistra, attaccando il “bertinottismo 2.0 che manda a casa la sinistra e spalanca le porte alla destra”. Votare Pastorino anziché Paita, per il leader Pd, significa fare come fece Bertinotti con Prodi nel 1998. Il non-voto, però, è un rischio anche per le opposizioni e non è un caso che Matteo Salvini oggi arrivi a elogiare il successo di Podemos, formazione di sinistra, in Spagna: “E’ una boccata d’ossigeno per l’Europa dei popoli. La gente sta rialzando la testa vuol tornare a controllare i confini, le fabbriche, il lavoro. E’ una sconfitta per Renzi, Monti, i vari burocrati di Bruxelles”.

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Il leader leghista si rivolge a tutti quelli che ce l’hanno con l’Ue e descrive tutti gli ultimi governi italiani come le diverse versioni di uno stesso prodotto, appunto la politica “dei burocrati di Bruxelles”. Lo stesso fa Silvio Berlusconi, che addirittura rievoca la lira: “Se l’Europa continuerà ad agire come ha fatto in questi anni di crisi, ponendo comportamenti e regole che hanno aggravato la situazione di paesi come l’Italia, il ritorno alla lira sarà inevitabile”. Ma anche Nichi Vendola usa il voto spagnolo e l’Ue in chiave italiana: “Con la vittoria di Podemos viene sconfitta sia l’Europa liberista di Renzi sia l’Europa fascista di Salvini. Patetici i due Mattei che si intestano una vittoria, che è contro le loro politiche”. L’altro Matteo di cui parla Vendola è Renzi, perché anche il premier usa il voto spagnolo per criticare la linea dell’Ue: “Il vento della Grecia, il vento della Spagna, il vento della Polonia – dice Renzi – non soffiano nella stessa direzione, soffiano in direzione opposta, ma tutti questi venti dicono che l’Europa deve cambiare”.

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