Ti assumo. Firma questo. Dove questo non indica il contratto di lavoro ma la lettera di dimissioni, senza data, che il datore di lavoro potrà poi usare in qualsiasi momento, a sua discrezione, come pratica alternativa al licenziamento. Un ricatto vero e proprio, una spada di Damocle che pende sulla testa dei lavoratori e delle lavoratrici. La Camera ha approvato la proposta di legge per eliminare la pratica delle dimissioni in bianco. Per molte donne, per esempio, la maternità diventa l’anticamera del licenziamento. Secondo un’indagine Istat, la maternità continua a essere infatti un momento di forte criticità nel percorso lavorativo delle donne, costrette a scegliere tra lavoro e figli. Per oltre la metà delle madri che interrompono il lavoro per la nascita di un figlio, infatti, non si tratta di una libera scelta: circa 800mila – l’8,7 per cento delle madri che lavorano o hanno lavorato – dichiarano che sono state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere in occasione di una gravidanza (i dati si riferiscono agli anni 2008-2009).
E sono soprattutto le più giovani a subire più spesso questo trattamento: per loro è più frequente che smettere di lavorare sia, più o meno, un’imposizione del datore di lavoro. Tanto che le dimissioni in bianco quasi si sovrappongono al totale delle dimissioni. Senza considerare, poi, che tra le lavoratrici costrette a lasciare il lavoro a causa dell’arrivo di un figlio, solo 4 su 10 riprendono l’attività e, comunque, le opportunità di inserirsi nuovamente nel mercato del lavoro non sono le stesse in tutto il Paese: su 100 lavoratrici madri licenziate o indotte a dimettersi riprendono a lavorare 51 nel nord e solo 23 nel sud. Non è però solo una questione femminile.
In questa direzione va dunque il testo di legge (intitolato “Disciplina delle modalità di sottoscrizione della lettera di dimissioni volontarie e della lettera di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro”) approvato con voto favorevole di Pd, Sel e Forza Italia, il no di Nuovo Centrodestra, M5S e Scelta Civica e l’astensione della Lega. Una proposta di legge che in sostanza impone che la lettera di dimissioni volontarie dovrà essere sottoscritta dal lavoratore, indipendentemente dal tipo di contratto, su appositi moduli numerati e validi per 15 giorni, che saranno messi gratuitamente a disposizione dalle direzioni territoriali del lavoro, dagli uffici comunali e dai centri per l’impiego. Così, in pratica, si dovrebbe contrastare il ricorso al deprecabile trucchetto della lettera fatta firmare al momento dell’assunzione.
Uno strumento, dunque, per cercare di rimuovere gli ostacoli e le discriminazioni che danneggiano i lavoratori e in particolare il lavoro femminile. La riforma Fornero del mercato del lavoro, dopo una grossa campagna di mobilitazione che chiedeva di ripristinare la legge 188, aveva introdotto infatti, nel 2012, un meccanismo di verifica per convalidare le dimissioni, già previsto tra l’altro dalla legge 151/2001 (a tutela e sostegno della maternità e della paternità), che però a quanto pare non è riuscito ad arginare il fenomeno. Intanto da più fronti si spera che l’iter legislativo vada avanti. Ora la palla passa al Senato.