Papa scomunica banche e scuote Chiesa con profezia no global

Papa scomunica banche e scuote Chiesa con profezia no global
18 giugno 2015

Dialogo col mondo, credenti e non credenti, sfida ai vertici internazionali, alla finanza globale, alla mentalità consumista, appello a cambiare stili di vita e modello di sviluppo. Con una enciclica “francescana” il Papa che ha preso il nome di San Francesco per sottolineare l’impegno a favore dei poveri e della pace nel mondo, il Pontefice che viene dal “global south” e stigmatizza la “globalizzazione dell’indifferenza”, manda anche un messaggio all’interno, per spingere la Chiesa verso quella riforma missionaria che è “ancora da compiere”. Più ancora dei contenuti della lettera, è infatti il fatto stesso che il Pontefice abbia deciso di dedicare una enciclica alla cura della “casa comune”, ossia alla ecologia, a rappresentare una novità eclatante in seno ad una Chiesa più abituata, nel corso dei decenni, a pronunciamenti vaticani e pontifici su temi come la vita, la famiglia, la bioetica. La lettera di Francesco, 192 pagine e sei capitoli, passa in rassegna molte delle questioni affrontate già dal movimento ecologico mondiale, da scienziati ed esperti, nonché, nella famiglia cristiana, dai protestanti e dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli, rappresentato dal metropolita Zizioulas alla conferenza stampa di presentazione e citato lungamente dal Papa nella persona del patriarca Bartolomeo. Riscaldamento globale, inquinamento, rifiuti e scarsità delle risorse, spreco e abusi ambientali. E ancora, lo strapotere della finanza, la mancata lezione della crisi mondiale, le banche salvate a scapito dei popoli, la critica al “laissez-faire” del liberismo. Una carellata che ha fatto storcere il naso ai repubblicani statunitensi, che in passato hanno già accusato il Papa di marxismo, ha fatto alzare i sopraccigli all’Economist, secondo il quale sono le cose che potrebbe elencare una ong qualunque, ha fatto mormorare più di un monsignore. Che c’entra tutto questo con la religione? Tanto che l’ortodosso Zizioulas ha spiegato che la crisi ecologica è un “problema spirituale”.

E tanto che lo stesso Francesco ricorda San Francesco e i Papi precedenti, i numerosi interventi sull’ambiente di numerose conferenze episcopali di tutto il mondo e teologi come San Tommaso o Romano Guardini. E ha poi scritto: “Alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente. Altri sono passivi, non si decidono a cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti”. Ma custodire il creato “non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana”. Denunciare la “crescita” senza lo “sviluppo”, fare appello ad una “decrescita” nei paesi più sviluppati, avallare i “legittimi meccanismi di pressione” delle popolazioni locali contro gli interessi delle multinazionali, allora, non è solo un gesto politico, ma profondamente cristiano. Quanto meno, lo è per una Chiesa, quella che Jorge Mario Bergoglio sta cercando di far crescere quando predica o quando visita le periferie, quando riforma la Curia o quando difende i migranti, che, sulle tracce del Vangelo, mette i poveri al proprio centro. “Tanto l’esperienza comune della vita ordinaria quanto la ricerca scientifica dimostrano che gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera”, scrive Francesco citando l’episcopato bolivariano. E se in passato c’è chi hanno tentato di ridurre il messaggio cristiano ad una ideologia pro life, il Papa allarga lo sguardo: “Quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità – per fare solo alcuni esempi -, difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa. Tutto è connesso”.

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Facendo uscire la Chiesa fuori dai propri steccati, il Papa si rivolge “a tutti”: “Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti”. Francesco ha scelto di fare uscire adesso l’enciclica, dopo i fallimenti passati, perché spera di dare uncontributo al vertice Onu che si svolgerà a Parigi a dicembre. I toni sono profetici, tipici di un’epoca in cui si intuisce un “punto di rottura”, dove la scarsità delle risorse, a partire dall’acqua, fa balenare il rischio di nuovi conflitti globali”, dove “la politica e l’industria rispondono con lentezza, lontane dall’essere all’altezza delle sfide mondiali”. Mai, scrive Francesco, “abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli” e oggi “potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizia”. Per questo, “nella mia Esortazione Evangelii gaudium, ho scritto ai membri della Chiesa per mobilitare un processo di riforma missionaria ancora da compiere. In questa Enciclica, mi propongo specialmente di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune”.

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