Nella quiete incantata del Peloponneso sembra incredibile che fra pochi giorni la Grecia debba votare per un referendum cruciale sulle proposte dei creditori. Anche in paese, qui a Monemvasia sul primo dito del Peloponneso, Bruxelles sembra molto lontana. Però proprietari e gestori dei negozi e dei locali discutono. Molti sono con il premier Alexsis Tsipras, alcuni non sanno se andranno a votare. Molti non vogliono parlare e si trincerano dietro un sorriso o dicendo che non sanno l’inglese. Intanto come ordinato dal governo le banche restano chiuse fino al referendum. I bancomat possono erogare al massimo 60 euro a transazione; di più solo per le carte di credito estere. Ma qui nessuno li ha riforniti. Qualcuno come questa ragazza pensa che bisogna mettersi a studiare. “La gente non sa cosa vuol dire sì o no perché non hanno letto le proposte. Andranno a votare ma non sanno. “Gli anni più importanti della mia vita sono stati nell’Unione Europea. Non ricordo com’era prima. Oggi apparteniamo a qualcosa”. “E’ Tsipras che deve decidere, è lui il primo ministro”. “Devo andare. Cosa voterò non lo so ancora, ma tutti devono votare”. Bisogna aver studiato per conoscere in dettaglio le proposte della troika. Però il referendum è già diventato una consultazione simbolica non solo sull’euro ma sull’Unione europea. “Io sono farmacista. In questi cinque anni la mia vita è molto difficile”. “Vado a votare però io voto no, di non essere in Europa”. “Non è un’Europa popolare, per il popolo, non pensa al popolo”. E il gestore di un locale sul lungomare è d’accordo.”Cosa dico? No. Naturalmente. Perché? Perché voglio essere libero. Questa non è l’Europa, è l’Europa della Germania”. “Penso che tutti voteranno no. Tutti i miei amici, tutta la gente qui”. Dappertutto sventola la bandiera greca; per ora, ancora a fianco del vessillo stellato europeo.