di Barbara Acquaviti
In Italia c’è Renato Brunetta che dice “Viva Tsipras”, in Europa tocca ad Antonio Tajani correggere il tiro e arrivare addirittura a difendere l’operato di Angela Merkel. Mentre tutti i riflettori sono puntati sulla crisi greca, Forza Italia riesce – nel suo piccolo – a dividersi anche su un tema che dovrebbe far parte del suo core business. E così alla fine Silvio Berlusconi, che finora era rimasto defilato, è costretto a intervenire per dire che il suo partito è geneticamente altra cosa rispetto a Syriza e al suo leader. “Tsipras – sostiene in una lettera inviata a “Il Giornale” – rappresenta la sinistra peggiore, un mix di ideologia e di demagogia anticapitalista dagli effetti disastrosi”. L’ex premier, che questa settimana ha “disertato” Roma, di certo ha altro a cui pensare. Le grane giudiziarie sono tornate a bussare alla sua porta: non solo il Ruby ter, ma anche il processo napoletano sulla compravendita dei senatori la cui sentenza è prevista per l’8 luglio e la deposizione che dovrà fare il 10 luglio a Bari nel procedimento che lo vede “vittima” dei ricatti di Giampiero Tarantini. Ma il fatto è che finora, a dettare ufficialmente la linea azzurra sul tema, erano stati Renato Brunetta (e il “suo” Mattinale) o Daniela Santanché. “Io sto con Tsipras. Stare con lui vuol dire stare con la democrazia”, ha sostenuto la pasionaria azzurra. Posizione che, peraltro, si trova utilmente in sintonia con quella di Matteo Salvini.
La linea “viva Tsipras”, però, è andata di traverso a molti parlamentari che fanno davvero fatica a identificarsi con il leader di un partito di estrema sinistra. Non è un caso, tuttavia, che a uscire per primo allo scoperto sia stato proprio Antonio Tajani, primissima fila di Forza Italia in Europa. Perché a Bruxelles, e tra i colleghi del Ppe, una posizione di quel tipo era stata percepita come ostile e degna di chiarimento. “Io sto dalla parte di chi cerca l’accordo e, davanti al dramma della Grecia, agisce in modo responsabile. Certo non preferisco Tsipras”, dice Tajani a La Stampa, in un’intervista di cui Silvio Berlusconi era stato preavvisato. Nella lettera al “Giornale”, il Cavaliere si esprime in modalità “statista”. “L’Europa – spiega – non può permettersi di perdere la Grecia per ovvie considerazioni storiche e geo-politiche, ma anche per una ragione di fondo: perdere la Grecia significa accettare l’idea che l’integrazione europea è reversibile, che dall’Europa si entra e si esce, che non siamo una comunità di popoli ma un club al quale accedere o da cui recedere, secondo le contingenze”.
D’altra parte, ufficialmente, mai e poi mai il Cavaliere potrebbe prendere le distanze dal Ppe. Eppure fino a un certo punto una qualche ambiguità è tornata utile: gli attriti passati con la Merkel sono noti e in più la sensazione di Berlusconi è quella di trovarsi di fronte a una situazione molto simile a quella che nel 2012 costrinse lui, su pressione degli euroburocrati, a lasciare il governo. E poi c’è il rapporto con Putin, che è andato a trovare proprio lo scorso fine settimana, che guarda con favore a Tsipras. Ma, come sottolinea Tajani, “per Forza Italia non c’è altra collocazione possibile” se non nel Ppe perché è “l’unica che corrisponda ai nostri valori: economia sociale di mercato, tutela della famiglia, lotta al terrorismo, difesa dell’Occidente”.