La Cina “crede che la Grecia possa restare nell’eurozona” e la Russia auspica oggi un “accordo tra Atene e i creditori al più presto possibile”: la crisi ellenica non lascia indifferenti le potenze escluse dal diretto tavolo negoziale – anche se membri del Fondo Monetario Internazionale – e a Vladimir Putin non dispiace affatto che Ue e Usa abbiano temuto per settimane il suo ingresso in campo con aiuti diretti alla Grecia. Così il presidente russo, che non si è mai spinto sino a proposte concrete (anche perchè le casse statali non glielo permetterebbero) non intende rinunciare al suo ruolo di convitato di pietra nella crisi. Anzi rilancia, ora che l’esito del referendum mette l’Europa ancora più in difficoltà rispetto al da farsi per arrivare a una soluzione. Oggi il capo del Cremlino ha chiesto un colloquio telefonico con il premier Alexis Tsipras: i due si sono parlati durante una pausa delle consultazioni a livello tecnico in videoconferenza dell’eurogruppo, a cui evidentemente il premier greco vuole assistere. Putin ha espresso il proprio “sostegno al popolo greco per le difficoltà che il Paese deve superare” e ha discusso con Tsipras “diverse questioni legate allo sviluppo della cooperazione russo-greca”. Tradotto: probabilmente niente di nuovo rispetto ai già concordati progetti sul gas. Poco prima, il portavoce del Cremlino aveva dichiarato di sperare che la Grecia troverà “il prima possibile il compromesso necessario con i creditori e che prenda le decisioni che contribuiranno nel miglior modo possibile alla stabilità economica e sociale del Paese”. Dmitri Peskov ha poi precisato che Mosca “naturalmente rispetta la volontà espressa con il plebiscito” per il “no” al voto di ieri e ha ribadito i legami “molto stretti” tra Mosca e Atene.
Tra le due capitali, oltre a importanti interessi economici e diffusi investimenti fatti dai russi negli anni passati in Grecia, c’è la tradizionale sintonia tra “ortodossi”, che ha permesso a Putin e Tsipras nei mesi scorsi di giocare sul possibile asse, senza mai concretizzare. Per il capo del governo greco meglio non oltrepassare la linea rossa con i negoziati sul versante occidentale in corso e per il Cremlino meglio non fare promesse in tempi di crisi aggravata dalle sanzioni occidentali.
Peraltro la Grecia, dopo essersi dissociata sulle misure contro la Russia, alla fine le ha votate e Putin non ha fatto una piega. Anzi, ha promosso un accordo (preliminare) per il transito su territorio greco del futuro gasdotto South Stream, prospettando un prestito per la realizzazione della tratta greca e la rinuncia di Gazprom alla proprietà, cosa d’altronde necessaria se non vuole il progetto bloccato in anticipo dall’Ue. Per il resto, dal vicepremier Arkady Dvorkovich, al ministero delle Finanze e via dicendo, il ritornello russo è da settimane lo stesso: pronti a dare aiuti finanziari se Atene li chiederà, ma niente cifre e comunque Atene non li ha chiesti. Della crisi greca parleranno di certo il presidente Putin e il collega cinese Xi Jinping durante il loro prossimo incontro a margine del summit Brics a Ufa, in Russia, dall’8 al 10 luglio. E proprio da questo summit potrebbe arrivare una sorpresa: la Russia ha smentito oggi di avere offerto alla Grecia di entrare nella Nuova Banca di Sviluppo che il gruppo di cinque Paesi emergenti sta per lanciare, con un capitale iniziale di 50 miliardi di dollari, tuttavia la settimana scorsa la cosa era stata ipotizzata a livello governativo. Magari non sarà l’offerta di membership, ma un qualche tipo di collaborazione.
L’ottavo bilaterale sino-russo al vertice Brics sarà in realtà incentrato sulla minaccia dell’Isis nell’Asia centrale, problema condiviso tra Mosca e Pechino. Ma Putin e Xi, che coltivano intensamente una relazione di mutuo interesse – non priva di antiche diffidenze – passeranno in rassegna anche “i principali temi di attualità economica e politica internazionale”, Grecia compresa. Tattiche a parte, sulla questione in fondo hanno la stessa linea: auspicare che ci sia un lieto fine in seno all’Europa, perchè nessuno ha bisogno di nuovi terremoti finanziari, tantomeno la Cina che in questi giorni vive una fase di particolare instabilità sui mercati. E perchè entrambi vorrebbero approfittare delle opportunità di investimento che la crisi greca potrà ancora offrire: i cinesi hanno mostrato ad esempio ampio interesse per la possibilità di prendere in concessione il porto del Pireo. “Può diventare la per la Cina la porta d’ingresso per l’Europa”, come ribadito più volte dalle autorità cinesi prima che la privatizzazione della struttura portuale si arenasse.