Un “macroscopio” puntato sulla città per capire in tempo reale cosa accade nel tessuto urbano. Può essere definito così il progetto Urbanscope presentato dal Politecnico di Milano. Analizzando i dati che provengono dai nostri smartphone e tablet Urbanscope dà indizi e allerte sulle trasformazioni in atto in un determinato luogo, interpretando le tracce che lasciamo quotidianamente interagendo con le diverse tecnologie di comunicazione. Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano: “Ormai la competizione a livello internazionale è una competizione che riguarda gli ecosistemi. Le città in qualche modo come luogo in cui persone attività economiche e istituzioni interagiscono e definiscono il proprio futuro. In una situazione di questo tipo in cui ci sono dinamiche sempre più complesse è fondamentale avere strumenti che ci dicono rapidamente cosa sta accadendo. Urbanscope vuole proprio essere una lente di ingrandimento dei fenomeni che toccano le città”. Milano è stata scelta come primo di caso di applicazione di Urbanscope. E dai dati mostrati durante la presentazione del progetto, appare subito come una città tutta da scoprire. Esplorando i tweet che vengono scambiati a Milano e la lingua in cui sono scritti, emergono infatti “tre città” digitali: una Milano che parla in italiano con se stessa e l’Italia (in particolare da Quinto Romano, Baggio e Maciachini); una Milano che parla in inglese con il resto del mondo (soprattutto da Forze Armate, Ronchetto sul Naviglio e Stadera); e una Milano multi-etnica, proiettata verso le nuove comunità cittadine e quelle di origine (molto attiva dalle aree dell’Ortomercato e Bande Nere). Marco Brambilla docente del Polimi: “Il cuore di Urbanscope è basato su tecnologie di integrazione dati, che raccolgono informazioni da multiple sorgenti, come social network, dati telefonici, e potenzialmente a qualunque altro tipo di dato, le collezionano insieme, le collegano le integrano e le rendono disponibili per essere interrogate e visualizzate come si può vendere sul sito”. E le sorprese sono davvero tante. Sulla base dei check-in Foursquare e Swarm, per esempio si possono individuare i luoghi verso cui la città si muove, di giorno e di notte. E si scopre che anche dopo l’apertura dell’Esposizione Universale, i classici luoghi di attrazione milanesi come Duomo, Brera, Navigli non hanno affatto perso terreno, e che quindi Milano non si è affatto svuotata.