Malgrado le discriminazioni, i giovani pigmei della Repubblica del Congo prendono in mano il loro destino sui banchi dell’Università di Brazzaville. Come Carine Nzima Zere, studentessa di diritto e stagista al parlamento congolese. Per lei e gli altri “autoctoni” la facoltà rappresenta tutto: “Ci ritroviamo qui, conosciamo le nostre origini etniche, ma dal momento in cui diciamo quella parola, gli altri dicono ‘ah, è un autoctono’. Da quel momento cambia tutto. Non ti considerano più, perché qui in Congo gli ‘autoctoni’ sono considerati delle persone di seconda classe”. I pigmei sono alti circa 1 metro e cinquanta e vengono chiamati ‘autoctoni’ in Congo, perché considerati come i primi abitanti della regione. In Africa centrale se ne contano circa 500.000. Il loro stile di vita tuttavia non è ancora accettato: “La loro cultura è bizzarra, tagliano i denti, mangiano cose bizzarre, come gli insetti e poi delle piante che noi in città non mangiamo, loro le mangiano”, ha raccontato questa donna. Grazie all’espansione del sistema viario, numerosi pigmei hanno lasciato la foresta, dove vivevano di caccia e agricoltura. Gli “autoctoni” restano tuttavia una manodopera a basso costo per il resto della popolazione congolese. Il governo lotta contro queste discriminazioni e punta tutto sulla loro integrazione. Il ministro dell’Economia forestale e dello sviluppo durevole in Congo, Henry Djombo: “Oggi mettiamo l’accento sulla loro salute, sull’istruzione. Non ci sono poche scuole create dalle compagnie forestali, dalle ong, anche dal governo per migliorare il livello educativo degli autoctoni. E’ attraverso l’istruzione che potranno davvero essere più influenti nel processo decisionale”.Ma la strada affinché le abitudini e la mentalità cambino è ancora lunga. (Immagini Afp)