Salvini sente puzza di bruciato: “Forza Italia non aiuti Renzi”

Salvini sente puzza di bruciato: “Forza Italia non aiuti Renzi”
15 settembre 2015

di Carlantonio Solimene

Tutto nasce dal silenzio. In una fase politicamente delicatissima, la prima in cui il governo Renzi rischia sul serio di non avere i voti necessari su un provvedimento cruciale, Silvio Berlusconi continua a scegliere il basso profilo. Al ritorno dal viaggio in Crimea con Wladimir Putin l’ex premier ha passato l’intera giornata ad Arcore senza incontrare i big di Forza Italia, come pure era stato ipotizzato a inizio giornata. La sera prima Berlusconi aveva disertato anche il derby Milan-Inter. Cattivi presagi per il risultato o poca voglia di incrociare Matteo Salvini in tribuna?
Come che sia, la “latitanza” del Cavaliere autorizza negli alleati in camicia verde i peggiori pensieri. Pensieri che il leader della Lega non ha difficoltà a esternare pubblicamente. “Cosa vuole fare Forza Italia? – si è chiesto Salvini durante la registrazione di Porta a Porta – Io ancora non ho capito se vota o non vota le riforme con Renzi. Sì, no, forse? A me con Forza Italia piacerebbe parlare di programmi e le mie porte sono spalancate ma non si può stare un giorno con Renzi e l’altro con la Lega”. Eppure, almeno in via ufficiale, la posizione degli azzurri sul ddl costituzionale che modifica composizione e ruoli del Senato è chiara. E l’ha ribadita il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama, Paolo Romani: “Se dovesse rimanere invariata la situazione così come sembra prospettarsi, il nostro voto al ddl Boschi sarà convintamente negativo” Romani, inoltre, nega qualsiasi possibilità di soccorsi azzurri: “Ho l’impressione che al Senato, semmai, il nostro voto negativo sarà condiviso da molti altri senatori, anche della presunta maggioranza”.

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Eppure il clima di diffidenza resta. Perché proprio l’ostinato silenzio di Berlusconi sta facendo balenare il sospetto che l’ex premier voglia tenere il piede in due staffe. Da un lato la versione ufficiale, quell’opposizione dura e pura che serve a tener buono il Carroccio. Dall’altro la tentazione di “sopportare” – se non autorizzare – qualche assenza tattica tra i banchi azzurri per abbassare l’asticella della maggioranza. Ne basterebbero, se il dissenso della minoranza Pd dovesse ridursi a una quindicina di senatorei, anche solo quattro o cinque. Anche dal punto di vista delle motivazioni le teorie sono le più disparate. Che Berlusconi ritenga il centrodestra ancora non pronto e organizzato per sfidare Renzi in ipotetiche elezioni anticipate è acclarato e più volte messo nero su bianco. Ma sono in tanti a credere che la reale motivazione per far arrivare la legislatura fino al 2018 sia il sogno del Cavaliere di poter essere lui, in prima persona, a correre ancora una volta da capo della coalizione. Un’opportunità che adesso sarebbe impercorribile a causa della legge Severino che gli impedisce di candidarsi in prima persona, ma che tra tre anni – con la riabilitazione – tornerebbe ad essere una strada percorribile. È così che tuttti si spiegano l’opposizione “blanda” al governo, sebbene il capogruppo alla Camera Renato Brunetta derubrichi tutto a una “questione di stile”. “Salvini parla alla sua gente, parla alle proprie feste di partito, fa benissimo. Ma le strategie politiche sono cose più serie e ben più importanti”. Sebbene però l’appuntamento con le Politiche rischi di essere lontano ancora due anni e mezzo, quello con le fondamentali amministrative della primavera 2016 è molto più vicino.

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Ed è per questo che i mediatori azzurri tentano in tutti i modi di non far rompere il filo che unisce Lega e Forza Italia. Ieri è stato ancora una volta Giovanni Toti ad allungare una mano verso il Carroccio, stilando una tabella di “dieci domande” con l’intenzione di sottolineare tutti i punti di contatto tra i due partiti: “Siamo d’accordo su una sensibile riduzione delle imposte per famiglie e imprese, tale da far ripartire consumi e investimenti e tendente in prospettiva all’introduzione della Flat Tax?”. E ancora: “Siamo d’accordo su una politica di sostegno ai ceti più deboli, a partire dai pensionati sociali al minimo il cui assegno deve essere aumentato almeno a 1000 euro?”. Domande retoriche alle quali Salvini non potrebbe rispondere che sì. E che potrebbero costituire il punto di partenza su cui basare la discussione nel “tavolo delle opposizioni” che sempre più esponenti, in Forza Italia, stanno auspicando. L’impressione, però, è che il leader della Lega voglia evitare il dialogo con i generali e attenda un chiarimento definitivo con Berlusconi, per un faccia a faccia più volte invocato e a tutt’oggi sempre rimandato. Peraltro, il Cavaliere e l’altro Matteo hanno abituato a improvvisi colpi di scena, quindi l’incontro potrebbe svolgersi in qualsiasi momento, magari anticipato da una rapidissima telefonata per accordarsi. Tutto sta alla reale volontà di trovare un punto d’incontro. E di questa, dalle parti di Arcore, al momento non c’è traccia.

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