E’ giallo sui soldi ai partiti. Commissione boicottata

E’ giallo sui soldi ai partiti. Commissione boicottata
17 settembre 2015

di Alberto Di Majo

Nella legge che ha modificato le norme sul finanziamento pubblico ai partiti (i celebri “rimborsi elettorali”) era previsto che i movimenti avrebbero ottenuto le ultime due rate (quest’anno e il prossimo anno) soltanto dopo aver presentato i loro statuti e bilanci a una Commissione specifica. Presieduto da un magistrato contabile, l’organismo avrebbe avuto il compito di controllare la correttezza delle spese e soltanto dopo, eventualmente, avrebbe dato il via libera ai fondi ai partiti. Tanti soldi: 16 milioni di euro solo nel 2015. Eppure la Commissione non ha mai portato a termine il suo lavoro. I partiti non si sono persi d’animo e pochi giorni fa hanno trovato la soluzione: hanno approvato una norma che gli ha permesso di ottenere i soldi anche senza la valutazione della Commissione. Tuttavia, ricostruendo la vicenda, qualcosa non torna. Come mai i presidenti dei gruppi politici non hanno dato alla Commissione di controllo la dotazione di cui aveva bisogno per lavorare? Tutti sapevano, ecco le lettere. Il presidente dell’organismo, Luciano Calamaro, ha mandato una relazione alla numero uno della Camera Laura Boldrini e al suo omologo al Senato Pietro Grasso il 30 giugno scorso. Nel documento si spiega che “degli 85 partiti tenuti alla presentazione del rendiconto per l’esercizio 2013, trentasei hanno ottemperato agli obblighi” previsti per legge. Gli altri 49 no. Di questi ultimi alcuni si sono messi in regola, per 9, invece, “è risultata permanere l’inottemperanza”.

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Peraltro, chiarivano ancora i magistrati contabili, “questa Commissione, insediatasi lo scorso 11 marzo, ha provveduto ad inviare richiesta di presentazione di documenti giustificativi di entrata e di spesa a 54 partiti. Alla data della presente relazione 44 partiti hanno provveduto ad inviare la documentazione. Non hanno provveduto all’adempimento 5 partiti mentre altri tre non hanno ricevuto la nota istruttoria inviata con lettera raccomandata dalla Commissione stante l’impossibilità del recapito, come da annotazione sull’avviso di ricevimento, per compiuta giacenza o destinatario sconosciuto”. Nella documentazione consegnata alla Commissione mancavano molte carte. Tutti i partiti non hanno consegnato i documenti “giustificativi di entrata e di spesa, presumibilmente per l’assenza di consapevolezza da parte dei tesorieri dei partiti politici della mutata estensione dell’oggetto del controllo rispetto a quello previgente”. Cioè i dirigenti dei movimenti non si aspettavano controlli così accurati e non hanno inviato i documenti. Alcuni giorni prima, il 18 maggio, la Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo sui rendiconti dei partiti politici (questo è il nome ufficiale) aveva scritto alla Boldrini e a Grasso per riferire “la propria impossibilità di procedere al controllo dei rendiconti stessi con le risorse strumentali e di personale assegnate”.

E qui i sospetti crescono perché la presidente della Camera (e, presumibilmente, anche il numero uno del Senato) ha scritto tre volte ai presidenti dei gruppi, invitandoli a rimediare. Ma niente. La Boldrini faceva notare che il giudizio sulla regolarità dei bilanci dei partiti “costituisce presupposto per procedere al pagamento della rata 2015 dei contributi pubblici” poi, riferendosi all’insufficienza delle risorse, precisava: “Sin dall’insediamento della Commissione, le Camere hanno dato puntuale applicazione al disposto della citata legge numero 96 del 2012, attribuendo alla Commissione, che ha sede presso la Camera, i locali e le relative dotazioni strumentali, nonché il necessario personale di segreteria”. Visto che per ottenere personale preparato in materia contabile era necessario approvare un provvedimento legislativo, la Boldrini ha segnalato la questione al presidente della Commissione Affari costituzionali “in tre occasioni”: con le lettere del 17 luglio, del 27 febbraio e dello scorso 20 maggio. Ma i partiti hanno fatto orecchie da mercante, fino a pochi giorni fa quando, per non perdere i soldi, hanno approvato in fretta e furia una specie di condono che ha annullato l’obbligo di far valutare i propri bilanci. Forse pensavano di non essere in regola con entrate, spese e fatture? Diceva Andreotti che a pensar male si fa peccato ma, a volte, ci si azzecca.

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