Grasso crede ancora nella “remota speranza” di un accordo

Grasso crede ancora nella “remota speranza” di un accordo
17 settembre 2015

di Enzo Marino

“Torniamo al leale confronto” della politica. Grasso non spazza la “speranza”, per quanto “remota”, che la strada dell’accordo politico possa ancora essere percorsa nel viaggio delle riforme costituzionali. Certo, realisticamente, parla dell'”ottimismo della volontà”, che si lega al pessimismo della ragione, ma alle bordate del premier Renzi, che ha voluto oggi mettere in riga ogni deviazione dalla sua linea con la promessa di decisioni “conseguenti”, all’eventuale scelta di riapertura dell’art.2, oppone lo stile di chi la politica attiva, pur avendola percorsa per meno tempo e per tratti più brevi, la rispetta pienamente, come gli assegna il suo ruolo, nella sua dimensione dialogante e di confronto.

Il presidente del Senato, pur non facendo trapelare alcun tipo di reazione, non ha ovviamente gradito i toni di Renzi, tanto che non ha mancato di ribattere alla battuta “trapelata” (ma smentita da Palazzo Chigi) sulla trasformazione del Senato in museo). E ancor meno gradisce l’angolo in cui è stato stretto, nella consapevolezza che qualsiasi potrà essere la sua decisione in ordine all’ammissibilità degli emendamenti al ddl di riforma del Senato, potrà essere attaccato e criticato. Proceduralmente i tempi di questo “appuntamento” guardano alla settimana prossima. Il termine per gli emendamenti in aula scade mercoledì, ma i tempi per un suo pronunciamento dipenderanno dal loro numero.
Nessuno sa quante saranno le proposte di modifica che a vario titolo saranno presentate, ma che dovranno sempre essere protocollate, esaminate e valutate dalla Presidenza. Potrebbero essere necessari giorni.

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Più verosimilmente Grasso valuterà gli emendamenti articolo per articolo, evitando così di essere accusato di rallentare i lavori dell’aula. Ma certo quelli all’articolo 2 saranno studiati con attenzione. Da qui alla settimana prossima dunque gli spazi per azioni politiche sono ancora ampi. Nella consapevolezza che non percorrerli potrebbe rendere il clima del confronto, dentro e fuori dall’aula del Senato, incandescente e foriero di conseguenze imponderabili. E’ su questo che punta Grasso, e per altri motivi anche la stessa minoranza Pd. Entrambi ritengono che la via dell’accordo può sminare una situazione pericolosa, nelle possibile conseguenze politiche, per tutti i giocatori in campo. Sulla carta anche la presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Anna Finocchiaro, pur offrendo ampia sponda al governo nella sua valutazione sull’ammissibilità degli emendamenti al ddl, che di fatto restringe gli spazi di manovra a Grasso, scrive “ove non intervenga un accordo politico”.

In questo quadro la proposta del vicecapogruppo Pd al Senato Giorgio Tonini, di un intervento “chirurgico” sull’art.2 a fronte di un patto di ferro sul mantenimento dell’impianto, avrebbe potuto essere la soluzione ideale. Averla messa sul tavolo troppo presto, quando le parti non erano ancora sufficientemente sfiancate in un confronto apparentemente senza uscita e dando spazio a pericolosi rilanci da parte degli alleati di governo, l’avrebbe di fatto bruciata, nelle interpretazioni dei bene informati. Eppure la strada resta sempre e solo quella dell’intesa, nella formulazione tecnica che si vuole. A questa guarda la minoranza Pd, nelle sue varie declinazioni, confermando anch’essa professione di ostinato ottimismo. Intanto a scorrere la lista degli iscritti a parlare in aula del Senato nella discussione generale sulle riforme, l’ultimo nome che appare, inserito oggi, sarebbe quello di Tonini.

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