Verso intesa nel Partito Democratico. Renzi: coinvolgere tutti

Verso intesa nel Partito Democratico. Renzi: coinvolgere tutti
18 settembre 2015

Chiariti i rapporti di forza e chiarito che i numeri per l’ok alla riforma della Costituzione ci sono, Matteo Renzi è vicino a risolvere anche l’ultimo problema. Ovvero la qualità, oltre alla consistenza, della maggioranza che approverà il ddl Boschi. Cercare cioè di portare sul sì il maggior numero possibile di senatori della minoranza Pd ed evitare i contraccolpi politici della sostituzione di un pezzo della maggioranza. “I numeri ci sono, la riforma costituzionale è assolutamente a portata di mano, ma vogliamo fare di tutto perché anche gli ultimi giorni siano utilizzati per coinvolgere quanti più senatori possibili”, ha assicurato Renzi nella conferenza stampa al termine del Cdm. Per una volta in sintonia con Pietro Grasso, che nel pomeriggio si diceva “felice che siano ripresi i contatti per trovare una mediazione. Sono fiducioso che possa portare molti risultati, auspico sempre una intesa, anche in zona Cesarini”. Intesa che sembra essere stata quasi raggiunta, con il premier che dovrebbe tenere il punto sul comma 2 dell’articolo 2, quello che dice che sono i Consigli regionali ad eleggere i senatori tra i loro componenti, e la minoranza che ottiene una modifica al comma 5, nel quale si dovrebbe scrivere che i Consigli regionali terranno conto delle indicazioni degli elettori. Poi, in un altro articolo, magari con una legge ordinaria, si individueranno le tecnicalità.

Un risultato che si dovrebbe concretizzare nei prossimi giorni, magari anche dopo la direzione Pd di lunedì. Ma che per i renziani si è raggiunto solo grazie alla tenuta nel braccio di ferro di queste settimane: “Credevano che non avremmo avuto il coraggio di andare in Aula, e ci siamo andati. Credevano che lì non avremmo avuti i numeri, e invece li abbiamo avuti e ampiamente”. Perché a stare in Senato, spiega un fedelissimo di Renzi, “è chiara l’aria che tira sul sostegno largo alle riforme”. Ora dunque, è il ragionamento degli uomini del premier, “la minoranza Pd può scegliere se accogliere la nostra mediazione, oppure restare sull’isola come i soldati giapponesi”. Sapendo – come ha avvertito Renzi nei giorni scorsi – che poi al referendum “gli italiani giudicheranno i lavoro dei parlamentari”. Tradotto: volete essere quelli che hanno detto no ad una riforma che “riduce i politici e aumenta la politica, che dà regole più semplici e procedure più lineari, che rende le istitutioni più moderne?”.

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Un pressing che sembra stia per dare i suoi frutti. Il tweet sarcastico del renziano Carbone recita così: “Tutto questo casino e poi accettano il listino”. Chi ha lavorato all’accordo, usa toni molto più pacati: “La riforma verrà approvata e verrà approvata anche molto velocemente”, grazie alla “ricerca di una formula che vada bene a tutto il Partito democratico, naturalmente alla maggioranza di governo e a una platea quanto più larga possibile del Parlamento”, spiega Zanda. “Ci sono questioni tecniche da chiarire. Ma dal punto di vista della sostanza politica, considero in fase molto avanzata di soluzione il problema della designazione da parte dei cittadini dei consiglieri regionali che saranno anche senatori”. Del resto, la cronistoria della giornata è la seguente: all’ora di pranzo, Pierluigi Bersani accoglieva positivamente le indiscrezioni di stampa che anticipavano il possibile accordo su una modifica al comma 5 dell’articolo 2; un’ora e mezza dopo, il capogruppo alla Camera Ettore Rosato confermava la disponibilità al dialogo con Bersani; alle 17, Anna Finocchiaro assicurava come ci fossero “tutte le condizioni” per un accordo. Fino alle parole serali di Zanda: “La soluzione è in fase molto avanzata”.

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