Il popolare radiocronista Rough Limbourg, punto di riferimento dei tea party, lo ha definito “marxista”. Diversi candidati repubblicani alla presidenza, compresi i cattolici Jeb Bush a Rick Santorum, hanno (gentilmente) preso le distanze dalla sua enciclica Laudato si’, inno francescano alla conversione ecologica che ha portato a Roma, per tentare di dissuaderlo, anche la lobby dei petrolieri. L’esuberante Donald Trump, che pure esprime parole di simpatia nei suoi confronti, non lesina critiche nei suoi confronti quando si tratta di parlare di immigrati e terroristi. Barack Obama, al contrario, lo attende a braccia aperte. Tanto da andarlo ad accoglierlo, con lady Michelle, alla Andrews Air Force di Washington. Dal vertice Onu sul clima previsto a dicembrte a Parigi alla lotta alla povertà, dal contrasto alle discriminazioni razziali alle pace in Medio Oriente, l’inquilino della Casa Bianca, che lo ha già incontrato in Vaticano, lo considera un alleato cruciale.
Papa Francesco arriva negli Stati Uniti. Il pontefice argentino atterra questa sera per iniziare la seconda tappa del suo viaggio americano, gli Stati Uniti (da oggi al 28 settembre), dopo aver visitato Cuba. E’ la prima volta in vita sua. E’ la prima volta che un Capo di Stato entra negli Usa direttamente da Cuba. E’ il primo Papa latino-americano della storia. Ha mediato nei rapporti tra Wahsington e l’Avana favorendo il disgelo del dicembre scorso. Porta con sé la sensibilità e le idiosincrasie del global south. E? Un punto di riferimento per un’America latina che vuole lasciarsi alle spalle gli scontri ideologici del passato, l’era delle dittature, e, negli ultimi due decenni, si è incamminata, non senza enormi difficoltà, su una strada di maggiore sviluppo ed eguaglianza. Non manca occasione di martellare sull’economia che uccide, le storture del capitalismo, il degrado ambientale e sociale di una società che scarta le persone, i deboli, i poveri. “La bandiera dei poveri è del Vangelo, i comunisti ce l’hanno rubata”, precisa. Ma la sinistra mondiale lo ammira, i conservatori lo guardano con sospetto.
Eppure sarebbe un errore pensare che il Papa che ha scelto il nome del poverello di Assisi vada negli Stati Uniti per dividere. Per schierarsi. Per strizzare l’occhio al primo presidente afro-americano della storia e guardare in cagnesco la maggioranza repubblicana del Congresso alla quale si rivolgerà giovedì. Jorge Mario Bergoglio ha un pensiero radicale, ma è un gesuita accorto dotato di sensibilità politica. Chi prevedeva che strigliasse Recep Tayyip Erdoga in Turchia o Benjamin Netanyahu in Israele è rimasto deluso. Arriva negli Stati Uniti da ospite. Non ha la minima intenzione di farsi trascinare nelle polemiche repubblicani-democratici che precedono le presidenziali dell’anno prossimo. Con Barack Ombama ci sono sintonie, ma le distanze non mancano. Non solo i temi che hanno visto battagliare il presidente e i vescovi cattolici (nonché molti repubblicani) negli ultimi anni, da alcuni aspetti della riforma sanitaria alla legalizzazione delle nozze gay. Jorge Mario Bergoglio, con una veglia di preghiera a piazza San Pietro, mise tutto il suo peso per fermare l’esitante Obama dall’intenzione di bombardare la Siria.
Il Papa ha un buon rapporto con il russo Vladimir Putin (chissà che alla fine non lo incontri all’Onu) e vuole migliorare i rapporti con il cinese Xi Jinping (che proprio in questi giorni è negli Stati Uniti). Sarà al palazzo di Vetro, venerdì, che potrebbe tornare a insistere per un impegno di tutti i leader mondiali a favore dell’ambiente, in vista del vertice di Parigi, e della pace, mentre in Siria continua la guerra civile e flussi enormi di migranti solcano il globo. Problemi che avrebbero soluzioni politiche, se solo le varie potenze, tutte, ricorressero meno al loro veto. Ma, quanto agli Stati Uniti, al pastore universale di Santa romana Chiesa non interessa rimbrottare l’opposizione né stringere un’alleanza preferenziale con il presidente degli Stati Uniti. Userà cortesia e rispetto nei confronti di tutti i suoi interlocutori, cercherà di non farsi usare da nessuno di loro. Chi spera in un Pontefice “marxista”, da un lato come dall’altro dello schieramento politico nordamericano, rimarrà facilmente deluso.