I dottori di ricerca italiani sono pochi, qualificati e con risultati occupazionali brillanti: lavorano e guadagnano di più rispetto ai laureati magistrali. Lo rivela un’indagine condotta da Alma Laurea che però mette in luce anche numerose ombre: l’accesso alla carriera universitaria è lungo e faticoso, l’industria è poco ricettiva verso queste figure ed il 10% di chi consegue il titolo va a lavorare all’estero. In Italia la percentuale dei dottori di ricerca è dello 0,6 ogni mille abitanti, contro il 3,7 della Finlandia ed il 2,6 della Germania. Nonostante tutto, il titolo di dottore di ricerca non risulta inutile per trovare lavoro: ad un anno dal conseguimento l’87% lavora, il 39% lo fa in modo stabile, con un guadagno netto mensile di 1.493 euro.
Dati sensibilmente superiori a quelli dei laureati magistrali. Molto dipende però anche dalle aree: c’è una discreta differenza fra scienze di base (89,4% a lavoro per un guadagno di 1.556 euro), scienze della vita (88,3%, 1.732 euro) e scienze umane (81,1%, 1.170 euro). Il 44% dei dottori di ricerca lavora nell’ambito dell’istruzione e della ricerca, il 14% nella sanità, l’11% nella consulenza, mentre il settore dell’industria assorbe appena il 9% degli occupati. E moltissimi sono quelli che vanno all’estero: il 10%, contro il 5% dei laureati magistrali del 2014: intanto perché il guadagno netto di chi rimane in Italia (1.420 euro) è sensibilmente inferiore rispetto all’estero (2.124), ma soprattutto perché hanno maggiori possibilità di svolgere attività di ricerca: il 52% contro il 21% di chi resta in Italia.