di Giuseppe Novelli
La maggioranza supera il test del voto segreto e alla fine di una lunga giornata di votazioni festeggia anche per la media tenuta sullo “spread” rispetto alle opposizioni. “Un buon margine, 44 voti di differenza, che conferma la solidità del consenso sulla riforma”, segnala il renziano Andrea Marcucci. Ma la tensione in aula oggi è salita fino al punto di sfociare in bagarre a causa di alcuni gesti volgari del senatore verdiniano Lucio Barani, che il presidente del Senato, Piero Grasso, ha assicurato di voler sanzionare in modo “rigoroso”. Le votazioni per la verità sono andate avanti a rilento per tutto il giorno, l’ostruzionismo fatto dalle opposizioni che è intervenuta spesso e a lungo su tutti gli emendamenti, ha reso difficile la gestione dei lavori. A pochi giorni dalla data fissata per il via libera al ddl Boschi (fissato per il 13 ottobre), infatti, mancano ancora tantissime votazioni e tutta la battaglia si è concentrata sulle schermaglie regolamentari più che sul merito della riforma. Ma per il governo e il Pd il dato politico più rilevante di oggi è aver superato indenne il voto segreto, l’unico che c’è stato e ci sarà su tutta la riforma. La strategia adottata è stata quella di rimettersi all’aula da parte dell’esecutivo, in modo da non caricare di conseguenze politiche qualunque esito.
Alla fine la proposta di Calderoli non è passata con 44 voti di scarto, anche se la maggioranza si è fermata a 160, uno dei punti più bassi raggiunti oggi nelle votazioni. La media però è stata alta, fino a toccare uno scarto con l’opposizione di ben 109 voti e 179 voti a favore. Nella maggior parte delle votazioni la maggioranza ha superato i 170 voti, consolidando così il sostegno del gruppo verdiniano, Ala. Ma è proprio a causa di un esponente di Ala, Lucio Barani, che è scoppiato l’incidente in aula che ha scatenato le opposizioni e richiesta la sospensione della seduta. Il senatore avrebbe insultato con dei gesti sessisti una collega dei 5 stelle, Barbara Lezzi. Grasso ha condannato la vicenda parlando di “escalation inacettabile” e ha convocato per lunedì il consiglio di presidenza per accertare i fatti e prendere subito provvedimenti. Ma l’episodio ha anche fatto emergere la necessità di riportare in aula uno stile più consono all’istituzione. Sia Luigi Zanda, capogruppo Pd, che Paolo Romani, capogruppo di Fi, ma anche altri hanno lamentato il generale degrado del linguaggio dei senatori. Alla fine Barani ha chiesto scusa e ha lasciato l’Aula ma ha spiegato: “Il mio gesto è stato frainteso”.