Il Pd ritrova unità mentre le opposizioni si scontrano

Il Pd ritrova unità mentre le opposizioni si scontrano
7 ottobre 2015

di Enzo Marino

Il Pd ritrova l’unità sulla riforma costituzionale grazie all’intesa sui due punti che erano rimasti in sospesi sul Presidente della Repubblica e la norma transitoria. La minoranza dem è soddisfatta per aver ottenuto una modifica della legge provvisoria che darà subito ai cittadini il potere di scegliere quali saranno i senatori-consiglieri. Un compromesso invece sul quorum per l’elezione del Capo dello Stato, (resterà la versione uscita dalla Camera), mette alla prova l’unità della maggioranza perchè due senatori di Ap, Quagliariello e Augello, non la votano anche i sì in Aula arrivano comunque a 161. Nonostante avesse intenzione di ritoccare il principio per cui occorreranno i tre quinti dei votanti e non degli aventi diritto per eleggere il capo dello Stato, alla fine il governo ha preferito non insistere ben sapendo che la minoranza dem avrebbe tirato dritto sui suoi emendamenti per ampliare la platea dei grandi elettori. Un punto condiviso con quasi tutte le opposizioni e dunque rischioso.

Soprattutto dopo i segnali arrivati con le ultime votazioni segrete, ieri sera e anche stamattina che avevano visto scendere la maggioranza fino alla soglia critica di 143 voti con una ventina abbondante di voti in più nelle fila delle opposizioni. Sull’articolo 39 invece il governo presenterà un emendamento per chiarire in modo più netto che i tempi di entrata in vigore della nuova legge elettorale per il Senato saranno brevi e si renderà obbligatoria alle regioni adeguarsi alla nuova normativa. Lo scontro si è spostato invece dentro le opposizioni che fino a ieri avevano fatto fronte comune contro il ddl Boschi arrivando persino a preparare una bozza di lettera per chiedere l’intervento del Presidente della Repubblica. A scatenare l’ira di M5S e Lega è stato il ‘soccorso azzurro’ ad un emendamento della minoranza dem contro il quale hanno votato ben 28 senatori di Fi. Una mossa sospettata di mettere al sicuro il governo Renzi e che ha diviso irrimediabilmente le opposizioni. Paolo Romani e altri senatori azzurri hanno spergiurato che il loro voto fosse nel merito: “Chi esce, chi insulta, chi parla di patti del Nazareno inesistenti non sa nulla e forse non si merita un posto in Parlamento”, ha detto Romani.

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Ma la divisione è ormai netta tanto che sull’ultimo voto importante sono andati in ordine sparso: la Lega ha abbandonato l’Aula, i grillini sono rimasti ma senza votare. Perde forza quindi anche l’iniziativa di rivolgersi al Quirinale con due lettere separate del M5S e di Fi tanto che dal Colle hanno fatto subito sapere che Mattarella non intende rispondere a nessuno. La riforma però procede ora più spedita verso il voto finale previsto per il 13 come sottolinea il capogruppo Luigi Zanda: “La maggioranza è solida, ha i voti per portare il provvedimento all’approvazione definitiva. E’ un dato inconfutabile: ogni votazione ha avuto una differenza maggioranza – opposizione di 60 – 70 voti”. Avvicinandosi l’obiettivo il Pd ha anche deciso di rilanciare il tema spinoso delle unioni civili che verrà incardinato un attimo prima della sessione di bilancio. Il governo insomma sembra non temere più l’ira dell’alleato centrista di Ap e punta ad approvare i nuovi diritti per gli omosessuali con i voti dei grillini.

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