Torna di nuovo alta la tensione tra il Governo e le Regioni sulla legge di stabilità. Ci sono fronti aperti come quello delle risorse per la sanità e dei tagli pregressi che lasciano i governatori col fiato sospeso. E soprattutto c’è il timore che sia in agenda un progetto di riordino istituzionale che possa in qualche modo ridurre il peso politico e programmatico del territorio. Nel giorno dell’annuncio delle sue dimissioni, Sergio Chiamparino ha riunito al Cinsedo il Parlamentino dei presidenti per “condividere le valutazioni politiche sul provvedimento”. Se da una parte ha riconosciuto che “il bicchiere è più mezzo pieno che mezzo vuoto rispetto alle finanziarie degli anni scorsi”, dall’altra è arrivata subito una bordata al ministro Lorenzin che aveva definito “un errore” il trasferimento della sanità alle Regioni. “Le dichiarazioni del ministro Lorenzin, oltre al giudizio in sé sulla questione sanitaria, sono anche una cartina di tornasole del giudizio che ha il governo sul sistema delle Regioni e sul loro ruolo – ha detto Chiamparino – Enrico Rossi lo ha detto e io lo sottoscrivo: se il governo ha lo stesso giudizio della Lorenzin si prenda la sanità e la gestisca. Tra cinque anni faremo un confronto e vedremo se la sanità della Toscana, dell’Emilia-Romagna o del Veneto saranno gestite meglio con una gestione centralizzata”.
E poi è arrivata una risposta anche a Renzi sul divieto a Regioni e Comuni di alzare le tasse. “Non credo sia possibile, al massimo può arrivare una moral suasion. Di certo – ha aggiunto Chiamparino – nessuno di noi vuole aumentarle”. Più chiaro il coordinatore degli assessore regionali al Bilancio, Massimo Garavaglia che ha ricordato che nelle regioni con i conti della sanità in rosso è previsto un aumento automatico di addizionali Irpef e Irap e che le Regioni possono anche scegliere di agire sui ticket. Il capitolo più importante è ovviamente quello della sanità. Bisogna capire l’impatto dei nuovi Livelli essenziali di assistenza, del rinnovo dei contratti e la copertura dei costi dei farmaci innovativi. Chiamparino, con Toti e Pittella al fianco, ha spiegato che nella legge di stabilità per quello che riguarda la sanità “c’è un aumento di 1 miliardo rispetto ai 3 previsti dall’accordo pluriennale. Ma questo miliardo sembrerebbe vincolato per 800 milioni alla definizione dei nuovi Lea”. Poi ci sono le questioni del rinnovo dei contratti, che valgono circa 400 milioni, e dei farmaci innovativi e per combattere l’epatite C, in totale per entrambe le voci circa 1 miliardo. “Il governo chiarisca se queste risorse stanno nel fondo sanitario o meno perché comporta una differenza significativa per il bilancio delle Regioni. La risposta a questi quesiti non è irrilevante per capire se questo miliardo in più inserito nella legge di Stabilità è capiente o no”.
E poi c’è il capitolo dei tagli ai trasferimenti imposti per il 2016 dalla finanziaria del Governo Monti. Riduzione di fondi che nella legge di stabilità dovrebbe scendere a 900 milioni di euro. Si tratta di fondi extra sanità che avrebbero impattato sui bilanci delle Regioni per 2,2 miliardi di tagli. “Il taglio – ha chiarito Chiamparino – è sceso a 900 milioni e c’è la possibilità di neutralizzarlo completamente se dovessero andare in porto alcune operazioni di riacquisto dei bond delle Regioni”. Meno diplomatiche le critiche alla manovra dei governatori del centrodestra. “Questa legge di stabilità non porterà quell’espansione che il Governo promette al paese. Non c’è una reale riduzione delle tasse, ma semmai c’è uno spostamento di poste di bilancio” ha detto il vice presidente della Conferenza delle Regioni, Giovanni Toti (Liguria). “Quando vedremo il testo – ha proseguito – quello che appare un miliardo in più in sanità sarà una riduzione di poste e la capacità di investimenti delle Regioni e la discrezionalità nelle politiche ne viene così compromessa”. Molto critico anche presidente del Veneto, Luca Zaia: “Con queste cifre la legge di stabilità mette letteralmente in ginocchio la sanità. Bocciata senza appello. Quel che è ancora più grave è che in ginocchio non finirà solo quella sprecona, ma anche, anzi prima di tutto, quella virtuosa che, senza l’ombra dei costi standard nei criteri di taglio, paga anche per le aree in profondo rosso”.