di Maurizio Balistreri
Non piace, nel Pd, l’idea di regole ad hoc per le primarie che impediscano la candidatura di ex amministratori come Antonio Bassolino. E’ ancora solo un’ipotesi, anche se avanzata dalla vice-segretaria Debora Serracchiani, ma il diretto interessato e la minoranza del partito già avvertono Matteo Renzi che l’idea provocherebbe un’alzata di scudi. “La proposta della segreteria, che sarà discussa nelle prossime settimane, prevede che chi è già stato sindaco non potrà candidarsi alle primarie”, afferma il vicesegretario del Pd Debora Serracchiani che dopo la discesa in campo di Antonio Bassolino per il comune di Napoli ribadisce le nuove regole per le comunali. Regola non fatta per escludere Bassolino ma che “varrebbe anche per Renzi a Firenze e Delrio a Reggio Emilia. E’ solo un modo per dire che quando un’esperienza si è chiusa, si è chiusa per davvero. Nulla di strano: lui ha già dato”. Un provvedimento che, per molti, avrebbe il sapore della norma ad personam. Altri lo liquidano come un grosso errore. Intanto, la presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia annuncia che “in direzione ufficializzeremo il 20 marzo come il giorno delle primarie, mettendo ordine e favorendo la partecipazione – conclude la Serracchiani -. E fisseremo le stesse regole ovunque. Chiare, per tutti: da Aosta a Marsala”, “saranno primarie aperte a tutti i cittadini. Mentre per i ruoli politici, ad esempio le segreterie locali, stiamo ragionando se far votare solo gli iscritti”.
E’ proprio Bassolino il primo a dire la sua: “Sono d’accordo con Renzi quando dice che le regole delle primarie non si cambiano… Sicuramente non quando il treno è in corsa”. E su twitter, rispondendo a chi gli chiedeva come si comporterebbe in caso di sconfitta alle primarie, l’ex sindaco ha precisato: “Sostegno leale a chi vince, ci mancherebbe, e vale per tutti”. L’ex governatore della Campania non molla. E’ già in piena campagna elettorale. A disposizione di Napoli “metto la mia passione per la città e la conoscenza dei problemi, Napoli è stata la cosa più importante della mia vita”. “Io so che è bene per Napoli andare oltre De Magistris, non voglio dire contro – spiega Bassolino -: Napoli è isolata politicamente invece deve essere una città che dialoga. Da sindaco ho dialogato con chiunque facesse a Roma il premier, Berlusconi come Prodi, dialogare è doveroso per fare il bene dei cittadini”.
Un po’ tutta la minoranza del partito chiede che non si risolva la questione per via regolamentare. “Quando si cambiano le regole ad personam non va mai bene”, ha detto Gianni Cuperlo, entrando alla direzione Pd. E Roberto Speranza ha aggiunto: “Penso che i problemi politici si affrontano con la politica e non cambiando le regole”. Questo, ovviamente, non significa che chi contesta l’idea di una norma anti-Bassolino sia a favore della candidatura dell’ex sindaco, come spiega il presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta: “Io penso che le regole si fanno non per i casi specifici. Se non si vuole candidare qualcuno, gli si dica che non si può candidare e basta. Non è che si cambiano le regole ad personam. Poi, se Bassolino si debba candidare o meno, è un altro problema…”.
Una polemica che non avrà vita corta e che diventa un assist per l’opposizione. Dice Renato Brunetta: “La sinistra è nel caos, non ha candidati per le prossime elezioni amministrative. A Napoli si sta evidenziando l’ennesimo duello all’interno del Pd, con Bassolino contro tutti. E la cosa non può che far piacere al centrodestra che metterà nella sua linea di vittoria anche la città di Napoli”. In altri termini, “dopo Venezia ci saranno Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli. Questo sarà il de profundis per Renzi che ormai è sparito dai radar: non in grado né di fare politica economica per portare l’Italia fuori dalla crisi, ma soprattutto non è in grado di dare la parola all’Italia in politica estera” osserva Brunetta. “Renzi aspetta, fa battute, se la vede con i social network, ma non ha il coraggio di dire come la pensa l’Italia, che ruolo vuole dare all’Italia nella guerra contro il cancro dell’Isis” conclude. E sulla vicenda e’ intervenuto anche Luigi Di Maio, deputato campano del M5S nonche’ membro del direttorio pentastellato: “Non ho mai dato peso allo strumento delle primarie, che nel Pd e’ un abito cucito su misura a chi doveva vincere di volta in volta. Qualche volta e’ andata male e si e’ posto rimedio con altri metodi…”, ha spiegato con chiaro riferimento al caso Marino.