Hollande da Putin, il capo del Cremlino infuriato contro “traditore” Erdogan

Hollande da Putin, il capo del Cremlino infuriato contro “traditore” Erdogan
26 novembre 2015

di Cristina Giuliano

Doveva parlare di quella coalizione allargata, anzi “unificata” con i Paesi occidentali, ma dopo l’incontro di oltre due ore e mezza con Francois Hollande al Cremlino, Vladimir Putin sembrava propenso principalmente a parlare alla stampa di quanto bruci la ferita del tradimento di Recep Tayyp Erdogan. Il jet abbattuto sul territorio siriano dalla contraerea turca è stato il centro del discorso, accusatorio e minaccioso del leader del Cremlino. A dimostrazione che la strada della diplomazia verso Damasco è ancora lunga e tortuosa. Putin ha preso di mira nel suo discorso principalmente la Turchia, un Paese Nato, lasciando intendere che le informazioni che vengono scambiate con gli Usa sono a rischio. Poi rincarando la dose ha messo chiaramente in dubbio che il governo turco non sia al corrente del traffico di petrolio al confine turco-siriano. Quel commercio che foraggia l’Isis. “Difficile crederci ma mettiamo che sia così”, ha detto Putin in merito, per poi aggiungere che comunque i container arrivano al confine pieni e tornano indietro verso la Siria vuoti. “Noi lo vediamo ogni giorno” ha aggiunto. “Appare come un oleodotto vivente”, ha sottolineato. “Noi li vediamo dall’alto. Vanno avanti giorno e notte”.

Poi per ben due volte, a sorpresa, è entrato nel merito del “destino” del presidente turco Erdogan, utilizzando le stesse parole che in genere si usano per il leader in bilico Bashar Assad: “Noi non diciamo che il presidente turco se ne deve andare. Lo deve decidere il popolo turco”. Prima ancora, commentando l’odierno dislocamento degli S-400, ha spiegato: è perché non può più fidarsi dopo l’abbattimento del Su-24 da parte delle forze turche. “Noi non avevamo gli S-400 perché pensavamo che la nostra aviazione lavorava a un’altezza che garantiva la sua sicurezza. Per la testa non ci sarebbe mai passato che un nostro aereo fosse colpito da quelli che pensavamo fossero nostri alleati”. Poi Putin ha aggiunto: “Noi non ci pensavamo a un attacco del genere. Ora capiamo che è possibile. E per questo mettiamo gli S-400 perché è un sistema che lavora ad ampio raggio, e anzi siamo pronti a dislocare anche altro”. Meno diretto, ma chiaro anche sul destino di Assad. “Il destino del presidente della Siria deve essere nelle mani del popolo siriano” ma serve un appoggio di terra ai raid russi e francesi contro l’Isis. E l’appoggio può venire solo dall’esercito siriano e “quindi l’esercito del presidente Assad è il principale alleato nella lotta contro l’Isis”.

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