Trivelle, al via il referendum

Trivelle, al via il referendum
19 gennaio 2016

Il semaforo verde della Consulta al referendum contro le trivellazioni in mare, ha acceso il confronto politico a distanza tra il Governo che con la legge di stabilità aveva provato a frenare la consultazione (anche per evitare una pericolosa sovrapposizione con quello sulle riforme costituzionali) e le Regioni che hanno promosso il quesito. Oggi i giudici della Corte Costituzionale, al termine della camera di consiglio, hanno dichiarato ammissibile la richiesta del referendum proposta da nove Consigli regionali (inizialmente erano 10 ma nelle ultime settimane l’Abruzzo si è sfilato ed ha optato per un’altra strategia) che mira a vietare tutte le attività di estrazione e ricerca in mare entro le 12 miglia, fatti salvi i titoli abilitativi già rilasciati. Il governo, nell’ultima legge di stabilità, ha infatti previsto il divieto di autorizzare nuove trivellazioni in mare entro 12 miglia, aggiungendo però che – per quanto riguarda le autorizzazioni già rilasciate – la concessione potrà durare “fino alla durata utile del giacimento” e non, come chiedono i promotori del referendum, per una durata non superiore ai 30 anni (nel caso dell’estrazione) e 6 anni (nel caso delle attività di ricerca). Di campagna referendaria già avviata e di consultazione dal sapore “eminentemente politico” ha parlato subito il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il governatore del Pd che più si è esposto contro il Governo su questa vicenda. “Mi auguro – ha detto Emiliano – che la paura della coincidenza di questo referendum con quello sulle riforme costituzionali non stronchi questa discussione. Certo, il Governo può fare un’altra norma ‘uccidi-referendum’ e mi auguro, a questo punto, che la eviti, perché la campagna referendaria partirà oggi stesso e bisogna evitare che gli italiani pensino che di queste cose non si può discutere nel nostro paese”.

Positivo anche il commento del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. “Il primo obiettivo, quello della possibilità di effettuare il referendum, è stato raggiunto, ma ora – ha spiegato – dobbiamo guardare al traguardo decisivo: quello di impedire le trivellazioni nei nostri territori e nel nostro mare e mettere la parola fine a questa spada di Damocle che pende sulle teste di milioni di cittadini e aziende del Veneto e delle altre regioni adriatiche”. Più strategica la posizione del presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza. La battaglia, ha spiegato, “non è finita poiché riteniamo che vada messo un punto fermo: ripristinare il piano della aree per la ricerca e la estrazione ma soprattutto definire una nuova strategia energetica nazionale”. Sei Regioni (Marche, Basilicata, Veneto, Puglia, Liguria e Sardegna) hanno ora deciso di sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale per i quesiti referendari sulle trivellazioni in Adriatico. Secondo le Regioni, il procedimento si è reso necessario per la mancata considerazione da parte della Corte di Cassazione della richiesta, formulata dalle Regioni, di un controllo di costituzionalità preventivo sulle modifiche apportate dalla legge di stabilità.

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Si contesta il fatto che con lo Sblocca Italia è stata abrogata l’esistenza del piano delle aree, “facendo venire meno ogni forma di programmazione e di razionalizzazione dell’azione pubblica in materia di idrocarburi che tocca trasversalmente le pretese costituzionali delle Regioni e degli enti territoriali minori relativamente al governo dei territori”. Oggi Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato all’unanimità la proposta dell’Ufficio di presidenza di ricorrere alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione sul caso delle previsioni normative, comprese le autorizzazioni concesse dallo stato, sulle trivellazioni e ricerca di pozzi petroliferi o giacimenti di gas naturale. “Voto compatto e unanime – ha detto soddisfatto il presidente Ciambetti -. Il Consiglio ha dato mandato a me e al consigliere Graziano Azzalin di continuare a operare per la salvaguardia delle richieste referendarie deliberate dal Consiglio stesso sollevando anche uno o più conflitti di interessi davanti alla Corte Costituzionale nel caso in cui si riscontrasse la menomazione delle prerogative attribuite dalla Costituzione al Consiglio stesso”.

In Sicilia gongolano i Cinquestelle. “Finalmente sarà data voce agli italiani”, affermano i 14 deputati a Palazzo dei Normanni del Movimento 5 Stelle. Gli stessi deputati, in tutti questi anni, hanno intrapreso una vera e propria battaglia per fermare lo scempio dei mari e delle coste; e così hanno organizzato manifestazioni pubbliche, presentato numerosi atti parlamentari, ottenuto l’aumento delle royalties, ed in ultimo, hanno portato all’Ars la proposta referendaria, bocciata però dalla stessa maggioranza di governo. “A far giustizia, adesso, ci hanno pensato i nove Consigli regionali (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) che, invece, sono riusciti a portare avanti la proposta dei quesiti. Ed oggi l’Ok definitivo della Corte, e dunque il referendum si farà”. Lo dice il parlamentare M5S Giampiero Trizzino, presidente della commissione Ambiente fino a pochi mesi fa, prima che il Pd facesse indigestione di poltrone, e primo firmatario di più atti parlamentari col medesimo obiettivo, dire No alle trivellazioni”. Il M5S è già pronto a sostenere la campagna referendaria che dovrà portare gli italiani a decidere tra pochi mesi su un tema importante e sensibile quanto quello dell’energia nucleare. “Le alternative alle fonti fossili esistono – concludono i Cinquestelle – e non sono un’utopia, basta avere il coraggio di intraprendere scelte di politica ambientale responsabili e in linea con il principio di sostenibilità. Ovviamente la battaglia continua”.

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