di Gaetano Mineo
I maligni l’hanno bollato il ‘Patto Crocetta-Lumia-D’Alia’. Certo, a vedere che la maggior parte dei progetti che dovrebbero essere realizzati sono per Gela, Termini Imerese e Messina, l’idea non è peregrina. Per la commissione Bilancio dell’Ars è apparsa tanto reale che all’unanimità ha bocciato senza appello i 149 interventi contenuti nel cosiddetto ‘Patto per la Sicilia’. Una lista di opere da realizzare prodotta da Crocetta & C. e che dovrebbe avere lo spirito prìncipe di ridurre il gap tra la Sicilia e il resto del Paese. Ma stando alla bozza cassata, siamo lontani dall’obiettivo. Un elenco di lavori, al di là di qualche area verde attrezzata per cani, generato senza un criterio omogeneo, senza una concertazione con associazioni di categoria, enti locali, sindacati, imprese, tutti attori indispensabili per rilanciare un territorio. Di questa lista nessuno ne sapeva niente. Finanche l’assessore Baccei che ha la cassa della Regione ed è l’unico titolare a sborsare i quattrini. Eloquente Vinciullo: “Lo statuto prevede che la programmazione passi dalla commissione Bilancio e questo non e’ avvenuto. Non solo, Baccei dice di non avere partecipato alla spartizione dei fondi”. E sì, perché proprio di spartizione stiamo parlando, ovvero dei primi 2,5 miliardi di euro degli 8 circa destinati da Roma alla Sicilia grazie alla legge di Stabilità 2014. Risorse che dovrebbero dare slancio al turismo, alla cultura, a rinvigorire le infrastrutture e a tamponare l’annoso fenomeno del dissesto idrogeologico che, ogni qual volta si scatena un temporale, si scuotono pezzi d’Isola. E così, cestinato il ‘Patto Crocetta-Lumia-D’Alia’, tutto da rifare. A oggi, Palazzo d’Orléans non ha ancora partorito la nuova bozza che dovrà ritornare in commissione Ars. La spartizione, d’altronde, ora è più complessa dato che attorno al tavolo dovranno esserci più “commensali”. A partire dal deputato Cimino di Porto Empedocle che già chiede “le risorse per i lavori nella Cattedrale di Agrigento”. Certo è che se si adottassero regole eque nella scelta delle opere, se si attuasse una strategia per lo sviluppo e non per il consenso elettorale, e che investe soprattutto tutta l’Isola e non soltanto alcuni campanili, non solo ne guadagnerebbe la Sicilia ma anche la politica. Staremo a vedere.