“Nel 1916 Albert Einstein ha teorizzato le onde gravitazionali, oggi siamo lieti di poter annunciare di averle osservate”. Così, Fulvio Ricci, coordinatore della collaborazione scientifica Virgo, giovedì 11 febbraio 2016, ha annunciato al mondo quella che si può definire, a tutti gli effetti, la scoperta più importante del secolo, pubblicata anche nella Physical review letter. Una scoperta che “apre una nuova finestra sull’Universo”; che ci permette di capire come funziona, quale sia il ruolo dei buchi neri nelle dinamiche universali e, soprattutto, come la gravità sia effettivamente la forza che lo domina, disegnando i destini di tutto ciò che lo compone, compreso il genere umano e tutte le possibili forme di vita ovunque esistenti. Aver osservato l’esistenza delle onde gravitazionali, di fatto, è un primissimo passo verso una conoscenza più approfondita delle leggi che regolano l’Universo. Un passo che, ad esempio, un giorno potrebbe portare il genere mano a compiere viaggi intergalattici semplicemente sfruttando la distorsione spazio-temporale come nel film Interstellar. Ma cosa sono le onde gravitazionali? Sono increspature Spazio-Temporali, previste con la teoria della Relatività generale da Albert Einstein nel 1916, che in pratica espandono e contraggono lo Spazio-Tempo. Un corpo nello Spazio, a causa della gravità, distorce lo Spazio-Tempo intorno a sé. Più è massiccio questo corpo, maggiore sarà la distorsione spazio-temporale e questa piegatura dello Spazio-Tempo determina il modo in cui un corpo celeste interagisce con un altro, ad esempio il Sole con la Terra che gli orbita intorno.
Affinché si crei un’onda gravitazionale, tuttavia, è necessario che ci si trovi in presenza di masse gigantesche, come ammassi di galassie o buchi neri e che ci sia un’asimmetria nella massa, ad esempio un’esplosione, o una collisione tra due buchi neri. La quantità di energia liberata è tale che si crei un’onda gravitazionale che si propaga nell’Universo in tutte le direzioni esattamente come un’onda si propaga nell’acqua se gettiamo un sasso in uno stagno. Man mano che avanzano, le onde distorcono lo Spazio-Tempo allungandolo e comprimendolo con tutto quello che c’è dentro. La variazione è infinitesimale, 10 alla -21, pari circa a un milionesimo del diametro di un protone ma tale da cambiare, da oggi, la visione dell’Universo. Come è stato possibile rivelarle? Le onde gravitazionali osservate, per la prima volta nella storia il 14 settembre 2015 alle 10:50:45 ora italiana, sono state rilevate grazie alla perturbazione creata dalla collisione, avvenuta un miliardo di anni fa, tra due enormi buchi neri; uno 29 volte più massiccio del Sole, l’altro 39 volte, che ha prodotto un nuovo “mostro” 62 volte più massiccio del Sole, ma con un diametro di poco più di 300 chilometri. Gli strumenti che permettono di studiarle, si chiamano interferometri.
Quelli che hanno permesso la scoperta annunciata oggi sono due LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) negli Stati Uniti e il VIRGO , che fa capo all’osservatorio EGO (European Gravitational Observator), progetto scientifico cui l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Cascina, a Pisa. Funzionano più o meno in questo modo: un raggio laser viene sparato verso una specchio che lo divide in due lanciando i due fasci risultanti, con un angolo di 90 gradi, verso altri due specchi posti a 4 Km di distanza; una volta riflessi, tornano indietro verso un rivelatore. Chiaramente l’equidistanza fa sì che tornando indietro le due onda di luce si annullino e la differenza sia pari a zero. Tuttavia, se sono stati attraversati da un’onda gravitazionale che ha distorto lo Spazio-Tempo, il risultato sarà diverso da zero perché, per via della distorsione, uno dei due bracci sarà più lungo dell’altro. In quel caso saremmo in presenza di un’onda gravitazionale ma per non trovarsi in presenza di un falso-positivo si fanno controlli incrociati. Ed è esattamente quello che è accaduto con i due Ligo, in Usa e con Virgo, in Italia. Un altro interferometro, questa volta spaziale anche se non ancora attivo, è LISA Pathfinder, in cui è coinvolta anche l’Agenzia spaziale italiana (Asi) per il quale i due specchi si trovano a milioni di Km l’uno dall’altro.