Mossa a sorpresa M5S ribalta tavolo e strategie. Il Pd trema

Mossa a sorpresa M5S ribalta tavolo e strategie. Il Pd trema
16 febbraio 2016

Una mossa a sorpresa, quella del Movimento 5 Stelle sulle unioni civili, che ha concretizzato gli incubi peggiori del Pd, incredulo davanti alla presa di posizione del senatore Airola in aula del Senato. Il suo annuncio di voto contrario all’emendamento Marcucci al ddl Cirinnà getta al vento settimane di lavoro e rende gli equilibri sul campo da gioco tutti da ridefinire. Nel Pd, nella maggioranza, tra la maggioranza e l’opposizione. Ma come ci si è arrivati? I pentastellati convocano una riunione per decidere, o limare, la loro strategia per la seduta appena una mezz’oretta prima dell’avvio dell’aula. Arrivano poi alla chetichella in Transatlantico tranquilli, senza il segno di discussioni, e senza dare soddisfazione ai cronisti che chiedevano sull’esito dell’incontro. Rispondono vaghi: “Vedremo in aula…”. I meno attenti si spingono in un più indicativo: “Vedrete in aula…” che mette sull’allarme i giornalisti, tutti concentrati a capire però se la posta del gioco sarebbe stata l’appoggio o meno allo spacchettamento del supercanguro. Politicamente sul tavolo del dibattito interno del Movimento 5 stelle potevano trovare posto 3 opzioni: dare priorità al merito del provvedimento e puntare a portarlo a casa, costi quel che costi, anche votare il Marcucci. Oppure privilegiare la coerenza (criticarono violentemente il supercanguro alla legge elettorale) e gettare il ddl Cirinnà nelle sabbie mobili. Terza opzione, valutare l’opportunità di mettere politicamente in difficoltà tout court il Pd con un passo inaspettato. Volenti o nolenti è quello che è accaduto. La sponda per la loro decisione verrà offerta dai leghisti.

La Lega Nord è la prima a prendere la parola e l’iniziativa in aula. Il capogruppo Gian Marco Centinaio mette le carte subito sul tavolo: non ci stiamo ad essere tacciati di ostruzionismo e che ci venga attribuito tutto il peso delle conseguenze politiche di tale posizione. Non daremo sponda al Pd per imporre il supercanguro Marcucci motivandolo con i nostri 5.200 emendamenti.
“Il patto era: noi cancelliamo il 90% delle proposte di modifica, voi ritirate il Marcucci? Detto fatto, restano solo 500 emendamenti Lega Nord, noi li ritiriamo e sfidiamo il Pd a cancellare il canguro”. Per il M5S sarà lo spunto per dire più avanti: con 500 emendamenti discutiamo e votiamo a viso aperto. Zanda risponde con lungo intervento, la cui sintesi è: non ci fidiamo della Lega che lascia comunque 5 volte il numero dei nostri emendamenti e tra questi 150 ‘cangurini’ che “hanno lo stesso effetto del Marcucci”. Quindi si voti questo supercanguro e “vi assicuro che la vulgata che il Marcucci spazza ogni discussione è falsa. Vorrei rassicurare l’aula che voteremo l’art.5. Iniziamo allora l’esame del provvedimento e degli emendamenti, tenedo conto che noi lo esamineremo tutto e lo voteremo su tutti gli articoli nel modo che riterremo utile fare”. Gli animi nel Pd sono tutt’altro che sereni prima dell’avvio dell’aula. Il cattodem Stefano Lepri è quanto mai corrucciato. Si ferma più volte in un fitto parlottio con Renato Schifani. L’accordo, si apprende, è che Schifani prenda la parola in aula e chieda il voto del Marcucci ‘spacchettato’, per dare la possibilità di arrivare a discutere delle proposte cattodem.

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Le cose andranno diversamente perchè, prima di calare l’asso dello spacchettamento, Schifani decide di giocare la carte procedurale: chiede la riunione della giunta per il regolamento per decidere sull’ammissibilità del Marcucci. Pensa a un ‘lavorio ai fianchi’ del Pd, spera di convincere dell’irritualità del supercanguro e delle devastanti conseguenze di un simile precedente. Per la prima volta ricorda all’aula il suo passato di presidente del Senato e rivendica l’autorevolezza di una simile richiesta. Poi il fulmine a ciel sereno del Movimento 5 Stelle spiazza tutti. Schifani letteralmente gongola. Mai avrebbe sperato in un rimescolio delle carte di tale portata. Ora Ap può permettersi il lusso di “aspettare di sentire che cosa mi chiederanno”. E già spiega che l’eventuale abolizione della stepchild adoption “è l’inizio, toglie di mezzo un grosso macigno”. L’inizio? “Si tutti sanno che il ddl va modificato anche nelle parti iniziali….” tenta di ammorbidire i toni. Torniamo al Pd. La linea prima dell’aula è sempre la stessa, e sempre gli stessi i nodi. L’ala laica serra le fila e nel pomeriggio arriva l’assicurazione anche dell’appoggio di Ala. Fino ad allora i senatori verdiniani si erano lasciati la mano libera, poi nel primo pomeriggio un intervento di Verdini stesso, a dare la linea: a fianco del Pd. Una linea importante a fine seduta, quando dopo il terremoto M5S la provvidenziale Loredana De Petris (foto) tira fuori dal cappello la richiesta di una sospensione dell’aula. Probabilmente la capogruppo pensa in quel momento di spuntare solo un po’ di tempo per “rasserenare gli animi” e riportare “ragionevolezza”. Il presidente Grasso si rimette alla decisione dell’aula. Che vota: saranno 155 i favorevoli al rinvio, 141 i contrari e 3 gli astenuti (che al Senato valgono voto contrario). E’ fatta: sono le sette e mezza, l’aula finirebbe alle 20. Si rimanda a domani alle 9,30. La notte dovrebbe portare consiglio. Red. Pol.

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