Di fronte ad una crescita globale che sta chiaramente rallentando, che si fa “irregolare” e comunque “inferiore alle ambizioni” dei governi, le 20 maggiori economie del pianeta si ritrovano nell’impegno a mettere in campo “tutti gli strumenti disponibili” per sostenere la ripresa, che sia in maniera “individuale o collettiva”. Il G20 di ministri economici e banchieri centrali di Shanghai è soprattutto una presa d’atto di un quadro nel quale si sono materializzati nuovi rischi, che nella passata riunione erano ancora poco definiti. Oltre al sovracitato rallentamento della crescita, preoccupano anche la brutale correzione al ribasso di materie prime e petrolio, che mette in affanno tutti gli esportatori di questi beni, la volatilità dei mercati finanziari che tanto allarme ha creato in avvio d’annata, le tensioni geopolitiche che persistono in più aree del pianeta, e minacciano di propagarsi in nuove regioni, e infine ma non ultimo, su pressante richiesta della Gran Bretagna, è stato anche esplicitamente menzionato il rischio di “Brexit”. La fuorisciuta dall’Unione europea, se così verrà stabilito al referendum del 23 giugno, potrebbe infliggere uno “shock” a tutta l’economia globale. Un riconoscimento del problema che è stato subito apprezzato dal ministro competente, George Osborne, che come tutto il governo Cameron ora che si trovato un accordo a condizioni migliorate per stare nell’Ue sostiene la necessità di votare a favore della permanenza. Il comunicato del G20 è “una ulteriore prova della minaccia che la questione pone su posti di lavoro, capacità di sostentamento e livello di vita delle famiglie”, ha detto.
Il G20 finanziario poi riafferma l’impegno a non effettuare svalutazioni competitive, ma anzi a mantenere consultazioni strette e attive sulla questione. Il Paese ospite, la Cina, e in particolare il governatore della banca centrale Zhou Xiaochuan, si è prodigato nell’assicurare che la valuta del Dragone, lo yuan, chiamato anche renminbi, rimarrà “stabile”. Peccato che questo zelo nel predicare stabilità valutaria arrivi da quella stessa Cina che nei mesi passati ha effettuato improvvise e massicce svalutazioni, in totale contraddizione con altri impegni a non farlo che erano stati presi al passato G20 economico, in Turchia. Da segnalare, cosa che fanno tutti i media internazionali, come Zhou sia rispuntato fuori dopo molti mesi di assenza totale dai media (cosa che avevano fatto insorgere anche ipotesi che potesse incappare nel repulisti operato dal presidente xi Jinping a tutti i livelli dell’amministrazione). Comunque, ministri e banchieri centrali hanno anche sottoscritto dichiarazioni che mostrano come vogliano guardare oltre le turbolenze dei listini. “La volatilità dei mercati – dice il G20 – non riflette i fondamentali dell’economia reale”. Ciononostante bisogna riconoscere che “rischi e vulnerabilità” sono aumentati nel quadro globale. Peraltro “vi sono crescenti preoccupazioni su ulteriori revisioni al ribasso delle previsioni di crescita”. In questo quadro le 20 maggiori economie avanzate ed emergenti si impegnano ad avvalersi di tutti gli strumenti disponibili, dalle politiche monetarie, alle politiche di bilancio, alla riforme, per sostenere la crescita. Perché “la politica monetaria delle banche centrali da sola non può garantire una crescita equilibrata”.
E servono quindi anche “progressi più rapidi sul versante delle riforme”. Per l’Italia erano presenti il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. E sulle contromisure c’è l’altro episodio che ha in qualche modo animato incontri, che altrimenti sarebbero quasi unicamente un ritrovarsi rituale senza esiti concreti. Ovvero la polemica con la Germania, rappresentata dalla squadriglia dal tandem Wolfgang Schaeuble, ministro, e Jens Weidmann, capo della Bundesbank, contrari ad un rilancio basato su più spesa pubblica e più stimoli monetari. Sarebbe “controproducente”, ha detto Schaeuble. Tuttavia la stessa Europa sembra orientata a fare qualcosa di più su entrambi i canali. Da un lato solo ieri a Roma il presidente della commissione Jean-Claude Juncker diceva un risoluto “no all’austerità stupida e cieca”, richiamando volutamente la famosa critica su alcune rigidità del vecchio Patto sui conti Ue espressa dal suo predecessore Romano Prodi. Dall’altro, quello monetario, da settimane la Bce guidata da Mario Draghi, che era presente a Shanghai, va avvertendo che al consiglio marzo riesaminerà ed eventualmente modificherà in senso espansivo la sua linea. Quello appena chiuso è stato un G20 delle Finanze “combattivo”, ha sentenziato il commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici. “Non siamo in crisi – ha affermato dal suo profilo Twitter – ma di fronte alla volatilità dobbiamo mobilitare tutti gli strumenti disponibili per la crescita”.