Nihad Barakat Alawsi ha appena 16 anni ed è rimasta nelle mani degli uomini dell’Isis per un anno, un anno durante il quale è stata più volte stuprata. Negli occhi della giovane yazida si legge il trauma psico-fisico estremo che ha dovuto sopportare. Da Londra il racconto agghiacciante di Nihad, oggi volto di Amar Foundation, associazione britannica che aiuta i profughi e le profughe vittime di casi simili a rifarsi una vita: “Non è vita questa, non vivremo finché il resto della nostra gente non verrà salvato da Daesh”, afferma riferendosi alla comunità yazida, presa di mira dall’Isis, in arabo Daesh, nel nord dell’Iraq. “Le ragazze sono state stuprate quando siamo arrivati a Mosul: sono state tutte sottratte alle famiglie e violentate in continuazione e poi sono state consegnate agli Emiri, che erano responsabili per Daesh”. Nihad ad un certo punto è rimasta incinta: “Mi sono occupata del bambino per tre mesi, il padre lo aveva chiamato Essa, che è l’equivalente di Gesù. Quando la situazione si è fatta tesa, tra la moglie e un’altra ragazza yazida, mi ha portato nella casa del cugino dove mi ha chiesto di sposarlo e dopo che ho rifiutato mi ha minacciato di darmi a suo fratello”.
La giovane, che è stata rapita nell’agosto 2014 assieme a 28 familiari a Sinjar, nel nord dell’Iraq, pur di fuggire ha dovuto abbandonare il piccolo. Restano in mano agli jihadisti due delle sue sei sorelle e due dei suoi 12 fratelli. Sulla crisi dei migranti, la presidente di Amar, Baroness Emma Nicholson, commenta: “Non potevamo prevedere questa crisi, nessuno ha potuto, non potevamo immaginare che 3,5 milioni di persone bussassero alle nostre porte con questo grande, enorme bisogno di aiuto fisico e psicologico “. Sono migliaia gli yazidi come Nihad uccisi o rapiti da Daesh e molti di loro risultano ancora scomparsi. (immagini Afp)