Soha, schiava del sesso siriana in un bordello a Beirut

Soha, schiava del sesso siriana in un bordello a Beirut
19 aprile 2016

Costretta a prostituirsi e tenuta prigioniera in un bordello a nord di Beirut, Soha, 26 anni, è una delle tante donne siriane rese vulnerabili dalla guerra e vittime dello sfruttamento sessuale. Nel 2008 Soha è stata attirata in Libano tramite inganno, le avevano promesso di lavorare come cameriera. Invece è stata venduta a un giro di prostituzione e obbligata a fare sesso con almeno 40 clienti al giorno. Quattro mesi fa è riuscita a fuggire: “Le ragazze dovevano lavorare con o senza preservativo. Se si rifiutavano di dormire con un cliente senza preservativo – ricorda – al mattino venivano immobilizzate su un tavolo e frustate o picchiate con tubi di plastica”. Ad aprile le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nell’edificio, mettendo fine a una delle più estese reti di sfruttamento sessuale degli ultimi anni nel paese. Almeno 75 donne, la maggior parte delle quali siriane, sono state liberate. A capo della rete un ex ufficiale dell’aviazione nei servizi segreti siriani, ancora libero. Dallo scoppio del conflitto in Siria nel 2011, un numero sempre maggiore di donne in fuga dalla guerra sono state obbligate alla prostituzione in Libano. Il comandante Joseph Moussallem, portavoce delle forze di sicurezza interne del Libano: “Le fanno arrivare qui promettendo lavori in ristoranti, ma non appena arrivano, vengono rinchiuse, portano via loro i documenti e i cellulari, tagliandole fuori dal mondo esterno”. Gli sfruttatori di Soha rischiano fino a 15 anni di prigione. Le autorità – secondo i critici – chiudono però un occhio di fronte ai bordelli illegali in città. La portavoce dell’ong Kafa (Basta!) Maya Ammar: “Da una parte la legge condanna e punisce i trafficanti di esseri umani. Dall’altra parte la prostituzione è considerata un reato, quindi come può una donna denunciare gli abusi che subisce?”.

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