Il parlamento sforna leggi ma i governi non varano i decreti attuativi. E così i provvedimenti non possono essere applicati, mandando in tilt la già complessa macchina burocratica, ma soprattutto penalizzando maggiormente un Paese già in affanno, qual è l’Italia. Per farsi un’idea, bisogna sapere che i 33 provvedimenti del governo Conte I, avrebbero bisogno di 352 decreti attuativi, ma solo il 25 per cento è stato approvato. Per un governo del cambiamento, l’allora premier Giuseppe Conte, in merito ha fatto ben poco. Ma anche il governo Conte 2 sembra avere la strada in salita. Solo nella manovra si contano già 74 provvedimenti attuativi. Andiamo con ordine, partendo da un esempio pratico. L’obbligatorietà dei sistemi di allarme per i seggiolini dei bimbi doveva entrare in vigore lo scorso luglio. Ma manco a dirlo, mancava il relativo decreto attuativo per applicare la norma che li omologasse. Quindi, l’applicazione della legge approvata l’1 ottobre 2018, a luglio è dovuta slittare perché prevedeva l’emanazione di un decreto attuativo del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, guidato allora dal pentastellato Danilo Toninelli.
Ebbene, il decreto è stato approvato soltanto quarantotto ore fa. Il che vuol dire, che quando va bene, dopo un anno dal varo, una legge può realmente essere applicata. Lo stesso tanto decantato decreto Crescita manca di alcuni provvedimenti di attuazione. La legge di bilancio dello scorso anno, per dirne un’altra, ha previsto una dotazione di 740 milioni di euro per il 2019 nel Fondo investimenti amministrazioni centrali che dovrebbe servire a rilanciare gli investimenti, bloccati ormai da molti anni. Entro il 31 gennaio 2019, secondo quanto previsto dalla legge, Conte avrebbe dovuto emanare alcuni decreti di attuazione, ma non è andata così. Stessa musica per quanto riguarda la web tax, introdotta sempre dalla legge di bilancio in cui era previsto che fosse emanato un decreto attuativo del Mef lo scorso 1 maggio. Nulla di fatto, facendo gongolare allora le società che operano sul web in Italia. E ancora, entro il 30 aprile, il governo Conte 1 avrebbe dovuto approvare un Piano di cessione di immobili pubblici ma anche in questo caso, fumata nera. Quindi, senza il decreto, i beni da dismettere non sono stati individuati e no il consequenziale introito di denaro. Il governo Conte 2, intanto, parte già con un record. Infatti, come detto, nel ddl di Bilancio ci sono 74 decreti attuativi, il doppio con cui la manovra approdò lo scorso anno in parlamento.
Cifra che non potrà che aumentare, dato che il provvedimento finanziario ha appena avviato il suo iter al Senato. Alcuni decreti attuativi sono previsti per esempio, per il “superbonus” per i cittadini che pagano con carte. Tra le principali norme che richiedono un provvedimento applicativo, sempre contenute nella manovra approdata in parlamento, c’è la misura relativa al Fondo investimenti green nella pubblica amministrazione; costruzioni di asilo nido; progetti di rigenerazione urbana; messa in sicurezza strade e scuole; credito imposta investimenti (green) imprese; plastic tax; Agenzia nazionale per la ricerca; clausola investimenti al sud; incentivi alle imprese per manufatti in plastica biodegradabili. Una considerazione va fatta. Quanto più lo stock di decreti attuativi risale nel tempo, tanto più si può assottigliare per cause che stanno nelle cose, se così si può dire. Alcuni interventi possono, infatti, risultare inutili perché sorpassati da misure più recenti. Come vuole la normale dialettica legislativa. Il che vuol dire che all’opinione pubblica rimangono soltanto gli echi degli annunci della politica.