Addio a Kim Ki-duk, il regista visionario degli amori immaginari

Vincitore del Leone d’oro e dell’Orso d’argento, è morto a 59 anni per il Covid

Kim Ki-duk

Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico sudcoreano, vincitore in carriera del Leone d’oro e del Leone d’argento al Festival di Venezia e del premio Un Certain Regard al Festival di Cannes, Kim Ki-duk era un cineasta sudcoreano noto per le sue opere cinematografiche d’essai idiosincratiche. Scomparso all’età di 59 anni in Lettonia, in seguito a complicazioni correlate al Covid-19. Kim Ki-duk era arrivato in Lettonia il 20 novembre, probabilmente per acquistare una casa nella località marittima di Jurmala, ma non si era presentato ad un incontro e dal 5 dicembre il suo entourage aveva del tutto perso i contatti.A dare la notizia della morte del regista sudcoreano al portale Delfi.lt è stato il direttore dell’ ArtDocFest/Riga, il regista russo Vitalij Mansky che ha annunciato che Kim ki-Duk sarebbe morto alle ore 1.20 in un ospedale di Riga.

I suoi film hanno ricevuto molti riconoscimenti nel circuito dei festival, rendendolo uno dei più importanti registi asiatici contemporanei. Nato il 20 dicembre 1960 a Bonghwa, nella regione del Kyonshang della Corea del Sud, all’età di 9 anni si sposta con la famiglia a Seul, dove frequenta un istituto professionale dedicato all’agricoltura. Finita la scuola dell’obbligo, a 17 anni, a causa delle difficili situazioni economiche della sua famiglia, è costretto ad andare a lavorare come operaio in fabbrica per sostentarsi fino a 20 anni; appena ventenne si arruola in marina per un periodo di cinque anni. In quel periodo è colto da una crisi religiosa: la sua strada incrocia quella di una chiesa per menomati della vista, con l’intenzione di diventare predicatore. Trasferitosi a Parigi nel 1990 si mantiene vendendo quadri e si avvicina al cinema. Come sceneggiatore nel 1993 il testo di A painter and a criminal condemned to death gli vale il premio dell’Educational Institute of Screenwriting.

Il debutto alla regia nel 1996 è con Coccodrillo, film che racconta la vicenda di un uomo che vive aspettando sotto il ponte di un fiume i suicidi, per poter sottrarre poi ai cadaveri i loro averi. Poi Wild Animals nel 1997, Birdcage Inn, in cui affronta il tema del sesso mettendolo in scena come strumento di comunicazione. Questo stesso tipo di approccio si ha nella sua opera quinta, ossia L’isola, con cui partecipa alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. L’isola permette a Kim Ki-duk di ottenere il successo a livello internazionale, grazie alle vendite del film in molti Paesi e alla partecipazione a numerosi festival. Sempre nel 2000 gira anche Real Fiction, di matrice sperimentale sia dal punto di vista tecnico (girato in soli 200 minuti). Nel 2001 è la volta di Indirizzo sconosciuto in cui si sofferma sui ricordi legati al suo paese d’origine. La sua prima pellicola uscita nelle sale italiane è Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera, presentato in concorso al Festival internazionale del film di Locarno nel 2003.

Con La samaritana, si aggiudica l’Orso d’argento per il miglior regista a Berlino. Nel 2004 Kim Ki-duk gira Ferro 3 – La casa vuota, con il quale vince il Leone d’argento – Premio speciale per la regia alla 61ª Mostra di Venezia. L’anno successivo è la volta de L’arco, presentato al Festival di Cannes 2005. Il film del 2008, Dream, quasi causa la morte di un’attrice e vince il premio Un Certain Regard a Cannes. Nel 2012 vince il Leone d’oro alla 69ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con il film Pietà. Poi Moebius, presentato fuori concorso al Festival di Venezia 2013. One on One nel 2014 presentato al Lido, Stop nel 2015. Il 2016 segna l’ulteriore ritorno di Kim Ki-duk alla Mostra del Cinema di Venezia, dove il suo Il prigioniero coreano apre la nuova sezione denominata Cinema nel Giardino.