Addio al numero chiuso: la riforma che rivoluziona l’accesso a medicina, odontoiatria e veterinaria

Anna Maria Bernini
Semestre filtro
Il cuore della riforma è il cosiddetto semestre filtro, un periodo di prova in cui gli studenti iscritti ai corsi di laurea in questione dovranno affrontare materie fondamentali delle aree biologica, chimica e fisica. Per proseguire nel percorso principale, sarà necessario accumulare almeno 18 crediti formativi universitari (CFU) e superare una graduatoria nazionale basata sui risultati ottenuti.
Gli esami saranno uniformati su scala nazionale e realizzati secondo standard internazionali, garantendo equità tra gli atenei. Le università avranno comunque autonomia nell’organizzazione didattica, con la possibilità di erogare lezioni anche in modalità a distanza se necessario.
Ma c’è un dettaglio che fa la differenza: durante il semestre filtro, gli studenti dovranno iscriversi contemporaneamente a un secondo corso di laurea o laurea magistrale a ciclo unico in ambito biomedico, sanitario, farmaceutico o veterinario. Questa seconda iscrizione sarà gratuita per il primo semestre e servirà come “piano B” per chi non dovesse superare la selezione. In caso di esclusione dal percorso principale, lo studente potrà continuare gli studi nel corso alternativo, utilizzando i crediti già maturati.
Incremento graduale dei posti disponibili
La riforma prevede un aumento di 30mila posti nei prossimi 7 anni rispetto ai dati del 2023, garantendo un incremento progressivo e sostenibile. “Il numero chiuso come lo abbiamo conosciuto fino ad ora non esiste più”, ha dichiarato la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini. “Il numero sarà aperto progressivamente sulla base dei fabbisogni. È su questa base che noi apriamo ogni anno qualcosa in più, rendendolo sostenibile”.
L’obiettivo è evitare uno shock al sistema universitario con un’apertura troppo improvvisa. Per questo motivo, il governo ha optato per un modello definito come “numero aperto progressivo e programmato”, che tiene conto delle capacità delle strutture universitarie di accogliere nuovi studenti senza compromettere la qualità della formazione.
Mobilità studentesca
Una novità interessante riguarda la mobilità studentesca. Gli studenti che supereranno il semestre filtro potranno scegliere fino a cinque atenei, in ordine di preferenza, dove desiderano proseguire gli studi. La graduatoria nazionale determinerà l’assegnazione, tenendo conto sia della posizione raggiunta sia della disponibilità di posti negli atenei selezionati. Questo meccanismo favorisce la libertà di scelta e permette agli studenti di optare per l’università che meglio risponde alle loro aspettative.
Investimenti e criticità
La ministra Bernini ha chiarito che la riforma non è priva di costi. “Questo percorso è innovativo, ma non è a costo zero”, ha spiegato. Il governo ha già stanziato fondi per potenziare le strutture universitarie, le infrastrutture e il personale docente, garantendo una formazione di alta qualità. Parallelamente, l’Osservatorio istituito nel 2022 continuerà a monitorare i fabbisogni del Paese, analizzando sistematicamente le necessità del settore sanitario e veterinario.
Tuttavia, non mancano le critiche. Alcuni esperti temono che l’aumento del numero di studenti possa mettere sotto pressione il sistema universitario, soprattutto nelle regioni meno attrezzate. Inoltre, il semestre filtro potrebbe rappresentare un ostacolo per gli studenti provenienti da contesti socio-economici svantaggiati, che potrebbero faticare a gestire due iscrizioni simultanee.
Svolta storica ma non senza rischi
La riforma segna una svolta storica nell’accesso ai corsi di laurea medici in Italia. Con l’abolizione del test d’ingresso e l’introduzione del semestre filtro, il governo punta a conciliare l’accesso libero con una selezione meritocratica, garantendo al contempo una formazione di qualità. Resta da vedere come il sistema si adatterà alle nuove sfide, ma una cosa è certa: il futuro dell’istruzione medica in Italia sta cambiando radicalmente. “L’apertura è inarrestabile”, ha concluso la ministra Bernini. Ma quanto sarà inclusiva e sostenibile?