Se l’organizzazione di un G20 straordinario sull’Afghanistan resta una delle priorità a breve termine della presidenza italiana, la sua effettiva realizzazione rimane assai incerta. Sul vertice, ritenuto necessario alla luce delle conseguenze del ritiro delle truppe internazionali dal Paese asiatico, il governo sta lavorando a vari livelli. Fonti a conoscenza del dossier, ancora ieri, hanno confermato che il tema resta sul tavolo. Ma nessuna data è stata fissata per questa riunione, che comunque – se avrà luogo -, si svolgerà certamente in formato virtuale. Con ogni probabilità non si farà più in tempo per settembre, come era nelle iniziali intenzioni italiane. Su ministri, capi di Stato e di governo incombe infatti l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che avrà inizio il 21. L’idea è così che il G20 straordinario sull’Afghanistan possa svolgersi nei primi giorni di ottobre. Tanto più che, secondo quanto riferito ad askanews, l’Italia preferirebbe che avesse luogo dopo una riunione preparatoria dei ministri degli Esteri. Circostanza che ieri ha poi confermato pubblicamente anche il ministro Luigi Di Maio, intervenendo all`evento “Creativity and innovation for the circular economy – the contribution of young people”. “Prima del G20 straordinario sull’Afghanistan, che l’Italia sta organizzando, ci sarà un G20 dei ministri degli Esteri e poi dei leader dei Paesi per programmare gli aiuti umanitari, perché nulla può essere gestito in poco tempo”, ha detto il titolare della Farnesina.
Molti restano comunque i nodi da sciogliere. Intanto, quello del formato. L’Italia ritiene sia necessario “il massimo coinvolgimento possibile della comunità internazionale, ha detto qualche giorno fa la vice ministra degli Esteri Marina Sereni. E ciò significa lavorare su un formato allargato almeno ai Paesi della regione. D’altra parte, sarebbe un incomprensibile errore strategico lasciare fuori il Pakistan, che da anni gioca un ruolo di primo piano in Afghanistan anche – e non solo – per il suo sostegno ai talebani attualmente al governo. Ma la partecipazione di Islamabad potrebbe creare qualche irritazione a Nuova Delhi, che invece del G20 è Paese membro. Così come l’Arabia Saudita potrebbe risentirsi per un eventuale invito alla Repubblica islamica d’Iran. Da superare ci sono poi le resistenze della Cina e le cautele di Stati Uniti e Russia. Il colloquio telefonico che il presidente del Consiglio Mario Draghi ha avuto nei giorni scorsi con il presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping, nonostante sia avvenuto in un clima cordiale e di grande collaborazione, non pare aver fugato i dubbi di Pechino. La Cina sarebbe ancora contraria a partecipare a due vertici del G20 in uno stesso mese (il 30 e 31 ottobre è previsto quello dei Capi di Stato e di governo), seppure dedicati a temi diversi, anche se il primo sarà in formato virtuale e l’altro in presenza. Evidentemente, non si tratta solo di un problema logistico.
E’ una questione politica. E strategica. Non è un caso che, nello stesso giorno in cui ha parlato con Draghi, il presidente cinese abbia avuto un colloquio anche con il suo omologo del Tagikistan, Emomali Rahmon. Il Paese di Rahmon ospita oggi la riunione della Csto, l’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, conosciuta pure come “Nato dell’ex Urss”, convocata anche per parlare dei rischi posti all’area ex sovietica, in particolare centroasiatica, dalla crisi afgana dopo il ritiro Usa. E domani a Dushanbe è previsto il summit annuale della Sco, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. Parteciperanno il presidente russo Vladimir Putin, l’indiano Narendra Modi, il primo ministro pachistano Imran Khan, il presidente iraniano Ebrahim Raisi e i rappresentanti delle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. E ci sarà anche Xi che, secondo quanto riferito da fonti a conoscenza del dossier, avrebbe tutta l’intenzione di trasformare l’evento in una riunione ristretta e regionale sulla crisi afgana.
Anche la Russia, da questo punto di vista, sposerebbe la posizione cinese, confermando un’unità d’intenti che si è già espressa con la comune astensione in Consiglio di Sicurezza dell’Onu su una risoluzione sull’Afghanistan e con l’opposizione alla proposta della Francia di creare una ‘safe zone’ dell’Onu a Kabul a protezione di tutti quei cittadini che intendono raggiungere l’Europa. Considerato anche il flebile interesse del premier britannico Boris Johnson, l’Italia potrebbe così contare solo sul (tiepido) sostegno degli Stati Uniti e del suo presidente Joe Biden, che già nello scorso mese di agosto aveva assicurato a Draghi il suo via libera informale. Ma è chiaro che il ruolo italiano, come Paese e nell’ambito della presidenza del G20, a questo punto potrebbe essere giocato soprattutto a livello umanitario. Riuscire a scardinare, seppur parzialmente, alcune delle convinzioni dei talebani al potere, soprattutto nel settore del rispetto dei diritti umani e dell’inclusione femminile, facendo leva sulla consegna di aiuti umanitari alla popolazione civile, sarebbe già un discreto successo. Askanews