Oggi parte ufficialmente la diciannovesima legislatura. Il nuovo Parlamento, dimezzato dalla recente riforma, sarà composto da 400 deputati e 200 senatori. La seduta è convocata alla Camera alle 10 e al Senato alle 10,30. All’ordine del giorno, l’elezione dei presidenti. I neo eletti sono arrivati a Roma già lunedì per espletare le pratiche di accreditamento nelle rispettive assemblee, essenziali per partecipare alla seduta di oggi. L’Assemblea di Montecitorio è presieduta, come da regolamento, all’apertura di ogni legislatura, dal più “anziano” ossia quello che ha svolto più a lungo il ruolo di vicepresidente nella legislatura precedente, in questo caso si tratta di Ettore Rosato. Per il Senato vale la regola invece che a presiedere la prima seduta sia il senatore più anziano, in questo caso si tratta della senatrice a vita Liliana Segre (visto che Giorgio Napolitano ha rinunciato), che ha già pronto il discorso. L’elezione del presidente della Camera avviene per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dei componenti (cioè 266), dal secondo scrutinio è richiesta la maggioranza dei due terzi dei voti calcolando tra i voti anche le schede bianche. Per la prima seduta, oggi, sono previste tre votazioni: alle 10,30, alle 14 e alle 17. Dopo il terzo scrutinio a Montecitorio è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti, ossia 200 +1. Il centrodestra alla Camera ha 235 deputati, questo vuol dire che presumibilmente alla quarta votazione (dunque, venerdì) verrà eletto il nuovo presidente.
Per il Senato alla prima e seconda votazione è richiesta la maggioranza assoluta dei voti dei componenti, cioè 104 in quanto il plenum di Palazzo Madama comprende anche i senatori a vita ed è di 206. Il centrodestra al Senato ha 115 senatori, quindi potrebbe eleggere il presidente al primo scrutinio. Se così non fosse, dal giorno successivo si procede ad una terza votazione nella quale è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti dei presenti, comprese le schede bianche. Nella prima seduta, oltre all’elezione del presidente, si procede all’elezione di quattro vicepresidenti, di tre Questori e di otto segretari che andranno a costituire l’Ufficio di Presidenza provvisorio e della Giunta delle elezioni provvisoria per la proclamazione dei deputati subentranti. Le procedure dei due rami del Parlamento non sono del tutto identiche. Infatti a Montecitorio il regolamento prevede che i deputati abbiano 48 ore per dichiarare al segretario generale della Camera a quale Gruppo appartengono, mentre al Senato i giorni a disposizione sono tre. A Palazzo Madama inoltre è stata approvata proprio sul finire della legislatura, il 27 luglio scorso, una riforma del regolamento che introduce delle novità legate principalmente al taglio dei senatori che ha richiesto una modifica dei quorum richiesti e del numero delle commissioni, ridotte da 14 a 10.
Inoltre per costituire un gruppo parlamentare alla Camera occorre un numero minimo di venti deputati, al Senato ne bastano 6. Entro quattro giorni dalla prima seduta (quindi presumibilmente lunedì 17 ottobre) a Montecitorio il nuovo presidente convocherà i gruppi che devono nominare i loro vertici, presidente, uno o più vicepresidenti e un comitato direttivo. A Palazzo Madama il regolamento stabilisce che la convocazione delle assemblee dei gruppi per l’elezione del proprio presidente avvenga “entro sette giorni dalla prima seduta” (quindi entro il 20 ottobre). Questi i primi passaggi fondamentali per far partire la legislatura. I presidenti dei gruppi, infatti, partecipano alle consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo governo. A sentire i rumors dei Palazzi questi adempimenti potrebbero essere abbreviati per consentire il via alle consultazioni già il 19 o il 20 ottobre. Non saranno consultazioni particolarmente lunghe visto il risultato più che chiaro del voto e anche perché i gruppi che si presenteranno al Quirinale non saranno più di 5.
Il centrodestra si presenterà probabilmente con una delegazione unica, gli altri sono Pd-Democratici e Progressisti, M5s, Azione-Italia viva, Svp. L’incarico di formare il nuovo governo al presidente del Consiglio (a meno di sorprese sarà Giorgia Meloni), potrebbe arrivare dal 22, comunque non prima che il premier uscente Mario Draghi faccia ritorno dal Consiglio europeo. A quel punto sarà la premier incaricata a fare le sue consultazioni con le forze politiche ed eventualmente le parti sociali per poi risalire dal presidente della Repubblica per sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri. Se il timing fosse questo, il nuovo governo potrebbe giurare al Quirinale il 24 ottobre. Anche se in quella data Sergio Mattarella riceverà per una colazione di lavoro il presidente della Repubblica Francese Emmanuel Macron. L’esecutivo, prescrive la Costituzione, dovrà presentarsi poi alle Camere per ottenerne la fiducia entro dieci giorni dalla sua formazione.