“Non è possibile che tra noi e la Guardia costiera greca ci siano state incomprensioni sul peschereccio affondato ieri nei pressi di Pylos: siamo stati contattati dall’imbarcazione, che ci ha fornito la posizione Gps e ci ha comunicato di essere in pericolo e sovraffollata. Dopodiché abbiamo immediatamente allertato le autorità greche. Non c’è stato nessun fraintendimento”. A parlare è Chiara Denaro, operatrice di Watch the Med – Alarm Phone, l’organizzazione che monitora le barche di migranti nel mar Mediterraneo e si preoccupa di allertare coloro che possono intervenire: navi delle ong e mercantili, ma soprattutto i governi, che per legge sono obbligati a prestare soccorso con il supporto dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere, Frontex.
Si continuano a cercare i dispersi
Mentre in Grecia si continuano a cercare i dispersi – 78 I corpi senza vita recuperati e 104 persone tratte in salvo – l’organizzazione lancia l’allarme: stando ai testimoni, le persone a bordo potevano essere 750, quindi a conti fatti I dispersi sarebbero 568. E più passa il tempo più si affievoliscono le speranze di trovarli in vita. Da ieri Alarm Phone diffonde anche comunicati in cui ricostruisce la catena delle comunicazioni, ricordando di aver allertato anche le autorità di Italia e Malta a partire dalle 14.17 di martedì, di aver ottenuto le coordinate Gps alle 16.13 e di aver inviato una e-mail a Guardia costiera, Frontex e Unhcr Grecia alle 16.53. I contatti col natante sono andati persi dopo la mezzanotte e ciò apre all’ipotesi di una finestra di almeno otto-dieci ore per lanciare l’operazione di salvataggio.
Ma da Atene smentiscono e oggi la Guardia costiera greca ha detto che dal peschereccio avrebbero rifiutato i soccorsi. “Sarebbe bastato tener conto delle informazioni che avevamo dato per far scattare l’operazione in tempo” denuncia Denaro. “Sapevano anche che lì le persone avevano finito acqua e cibo”. Sotto coperta, ha raccontato un superstite, ci sarebbero stati un centinaio di bambini. L’esperta aggiunge ancora: “Teniamo presente che la Grecia respinge sistematicamente i migranti, quindi è plausibile che le persone abbiano avuto paura che, una volta salvate, le autorità le avrebbero riportate nei Paesi da cui stavano fuggendo”.
Quello che Alarm Phone invece non può confermare è se ci siano stati problemi nella catena di comunicazioni tra le diverse Guardie costiere e Frontex. Un passaggio che l’esponente dell’ong definisce “fondamentale, dato che da essa dipende l’assunzione del coordinamento da parte di un determinato Stato”. Se nessuno lo assume però, chiarisce subito Denaro, “tutti gli altri Paesi restano responsabili, essendo stati informati. Il dovere di salvare permane”. L’attivista poi solleva il nodo della trasparenza: “Negli anni varie associazioni di legali e giuristi hanno cercato di capire come funziona la catena di comunicazione tra le varie autorità, ma almeno per l’Italia non è stato possibile perché sui documenti permane il segreto di Stato e l’interesse a tutelare le relazioni internazionali”.
Impossibile inoltre dire se i due mercantili che Alarm Phone sapeva essere nei pressi del peschereccio in pericolo “abbiano ricevuto l’ordine dalle autorità di intervenire o non intervenire”. Per la legge del mare, il natante più prossimo a quello in difficoltà deve salvare e uno Stato può incaricarne uno privato di supplire. Ma al largo di Pylos, conclude l’attivista, ieri “abbiamo visto, di nuovo, che la priorità dei governi è sorvegliare le frontiere e non trarre in salvo le persone”. Agenzia Dir