Aleppo è “finita, andata”. Le parole di John Kerry sulla seconda città della Siria assomigliano tanto a una pietra tombale. Ma la sua non è una resa alla violenza. E’ il triste punto da cui ripartire, rilanciare il negoziato di pace, ricostruire. A Roma per il Forum Med 2016, il segretario di Stato parla di tutto. Ma è dietro le quinte che si gioca la partita più importante, con incontri incrociati a porte chiuse, tentativi estremi di fermare il massacro siriano. “La gravità di quello che succede ad Aleppo Est è sotto gli occhi di tutti” e “abbiamo visto le immagini di distruzione che scuotono le nostre coscienze”, per questo “dobbiamo sostenere i tentativi dell’Onu” e la proposta dell’inviato speciale per la Siria Staffan de Mistura, è la sintesi fatta da Paolo Gentiloni (foto, dx) su una lunga giornata di incontri e colloqui, con il ministro russo Sergei Lavrov e il segretario di Stato americano. Un lavoro diplomatico a cui partecipa anche l’inviato Onu per la Siria De Mistura, che circa due settimane fa ha avanzato una proposta il cui obiettivo è quello di risolvere la crisi facendo sì che le forze di al Nusra abbandonino Aleppo Est in sicurezza.
“Nessuno”, insomma, “si è rassegnato alla violenza” ad Aleppo, “forse solo Assad che sembra volersi comportare violando impunemente tutte le norme e i principi internazionali”, conferma Kerry (foto). L’obiettivo principale è aprire lo spazio a interventi umanitari, evitare rappresaglie, iniziare il processo di transizione, trovando la disponibilità a condividere il potere da parte dell’attuale regime siriano. “Sappiamo che la Russia ha un particolare ruolo e una particolare responsabilità in questa situazione a cui mi sono appellato”, spiega Gentiloni, chiamando indirettamente in causa il suo omologo Lavrov, presente nella capitale. Mosca, da parte sua, non si tira indietro, e gioca su due tavoli. Mentre infatti, il ministro degli Esteri conferma a Roma l’impegno russo per una soluzione condivisa, i rappresentanti del Cremlino proseguono il loro negoziato con l’opposizione siriana ad Ankara. Secondo il quotidiano panarabo Asharq Al-Awsat, le due parti avrebbero addirittura raggiunto un’intesa di massima per fermare i combattimenti ad Aleppo Est. L’accordo prevede che i combattenti del Fronte Fateh al-Sham (ex Fronte al Nusra, braccio siriano di al Qaida) lascino la zona orientale di Aleppo in cambio della cessazione dei bombardamenti e dell’apertura di corridoi che consentano ai miliziani di raggiungere Idlib, a sud-ovest di Aleppo, permettendo così l’arrivo degli aiuti umanitari nelle zone assediate.
Di certo c’è – conferma Lavrov – che la Russia sta cercando di “promuovere qualsiasi sforzo per riavviare il processo negoziale che si basi sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu 2254”, conferma Lavrov. Ma i negoziati, aggiunge, “sono bloccati da tempo, perché si chiede di destituire Assad, e questa posizione non è accettabile perché non era previsto nell’accordo”. Sfumature non da poco, divergenze su cui si dovrà lavorare ancora nelle prossime settimane. Perché la diplomazia è l’unica via e “non esiste la possibilità di una soluzione militare della crisi siriana, non si costruisce una transizione sulle ceneri di Aleppo”. E tutti concordano sul fatto che “il dialogo è mancato”. “Se si potesse affrontare la situazione umanitaria in maniera più efficace ad Aleppo e si riuscisse a creare la possibilità per il popolo siriano di uscire dalla città, si riuscirebbe a creare uno spazio per parlare a Ginevra”, è opinione di Kerry. “Questo è l’obiettivo di De Mistura, il nostro e forse dei russi, e proveremo a metterlo in pratica nel futuro”. Nessun cenno all’Iran, altro attore determinante nella regione. Il ministro degli Esteri Zarif, alla fine, ha deciso di disertare la conferenza di Roma. Ma il messaggio lasciato dal suo vice, Sayed Sajjadpour, è chiaro. Per decidere il destino di Aleppo e della crisi siriana “due (Kerry e Lavrov, ndr) non bastano”: la pacificazione della Siria passa anche per Teheran.