Se ne dovranno andare entro il 31 dicembre per permettere ad Alitalia di rinascere. Sono 2.251 tra piloti, hostess, impiegati e operai che verranno licenziati e spediti in mobilità. Il “taglio” è parte integrante dell’accordo firmato l’8 agosto scorso tra Alitalia e la compagnia degli Emirati Arabi Etihad Airways che diventerà così azionista di minoranza con un investimento di 560 milioni di euro. Altri 300 milioni arriveranno dai vecchi soci attraverso un aumento di capitale. Il prezzo della sopravvivenza è la decurtazione del personale. Il conto alla rovescia è già scattato. Fino al 15 settembre verranno inviati in mobilità i volontari. Pare, però, che siano pochini visto che l’azienda offre soltanto diecimila euro a testa come buonuscita. Poi toccherà a chi è prossimo alla pensione. E dal primo ottobre scatteranno i tagli veri. A scaglioni la compagnia aerea cancellerà dall’organico 2.251 persone. La politica di riduzione colpisce tutti i settori, a partire dalle segretarie dell’amministratore delegato Gabriele Del Torchio: di 28 in forze attualmente, se ne dovranno andare in dieci. Via tutti e 31 i portieri, gli addetti alla sicurezza della centrale operativa di Fiumicino e quelli alla selezione del personale, contabili e tecnici della manutenzione. Delle venti officine che Alitalia aveva nel 2008 ne resteranno due. Per duecento meccanici c’è comunque la possibilità di venir recuperati da Atitech a cui saranno girate alcune manutenzioni ora effettuate dall’israeliana Bedek a Tel Aviv.
Altri cento sono stati chiamati a colloquio proprio durante la missione a Fiumicino di James Hogan, ceo di Etihad. L’offerta? Andare a lavorare all’aeroporto internazionale di Abu Dhabi, dove ha sede la compagnia emiratina che acquisterà il 49% delle quote del capitale di Alitalia-Cai. E che ha già nel pacchetto il 40% di Air Seychelles, il 24% di Jet Airways, il 10% di Virgin Australia e il 2,98% di Air Lingus. Lo scorso gennaio ha inoltre conquistato il controllo della svizzera Darwin Airlines, l’ha ribattezzata Etihad Regional e ha varato un articolato progetto di rilancio. L’azienda di Abu Dhabi è in piena espansione in Europa ma l’Ue non ha ancora dato il via libera all’operazione Alitalia perché una compagnia dell’Unione non può essere “di proprietà” di società extracomunitarie. Non oltrepassare quota 49% dovrebbe garantire il nullaosta a James Hogan. Se ne dovrà andare un terzo degli impiegati che si occupano di sistemi informativi e di telecomunicazioni e il 30% di quelli inseriti nella Divisione Commerciale. Oltre a 86 dei 222 dei coordinatori delle operazioni di volo. Perché il piano prevede anche sinergie di costo per evitare uffici doppioni nella partnership Alitalia-Etihad. Tra istruttori, tecnici e loadmaster verranno cancellati 25 dei 138 contratti a tempo indeterminato ora in essere a Fiumicino, Napoli, Bologna, Venezia, Malpensa, Torino, Bari, Catania, Palermo e Catanzaro. Complessivamente dei 2.462 addetti all’assistenza di passeggeri e velivoli al Leonardo da Vinci ne verranno decurtati 428. Negli scali periferici la riduzione sarà di 63. Per chi verrà licenziato c’è comunque la “mobilità allungata”.
Attraverso il Fondo del trasporto aereo – spiega Daniele Cofani, delegato rsa della Cub Trasporti – l’indennità è stata aumentata di due anni. Quindi chi ha meno di 40 anni avrà garantita la mobilità per tre anni. Per chi ha un’età compresa tra i 40 e i 50 anni l’indennità durerà quattro anni e cinque per gli over 60 per facilitare l’approdo alla pensione, visto che per i più anziani trovare un altro posto di lavoro è quasi impossibile”. “Tra gli esuberi – interviene Antonio Amoroso della segreteria nazionale Cub Trasporti – non sono stati conteggiati 200 precari, a cui non verrà rinnovato il contratto per far posto a impiegati e operai ricollocati in altri settori. Il traffico passeggeri e merci in Italia è però aumentato, rispettivamente del 10,3% e del 16,6%, dal 2008 al 2013 e del 3,5% e del 5,1% nel 2014. A nostro avviso i tagli non servono”. “Nella ex compagnia di bandiera – insiste Amoroso – ci sono 13.200 dipendenti, di cui 1.300 precari che hanno trasportato nel 2013 circa 24 milioni di viaggiatori con 134 jet. Etihad ha 17.000 dipendenti per far volare 3,2 milioni di passeggeri l’anno con una flotta di 89 aerei”. La differenza è che Etihad è in attivo e il bilancio Alitalia per il 2013, approvato un mese fa, ha registrato una perdita netta raddoppiata a 568,6 milioni di euro e un patrimonio netto negativo per 27,17 milioni. L’intervento di Etihad è quindi l’ultima spiaggia. “Il piano industriale – scrive in una nota Alitalia – punta a salvaguardare migliaia di posti di lavoro, consentirà di investire in nuove rotte a lungo raggio da Roma e Milano, di rivitalizzare il marchio e di ritornare all’utile entro il 2017 nell’ottica della competitività e della sostenibilità reddituale”. (Il Tempo)