Economia

Allarme della Federal Reserve: effetto Trump sull’economia Usa? “Incertezza notevole”

Ancora “è troppo presto” per sapere quale impatto avrà la politica fiscale espansiva promessa da Donald Trump ma la Federal Reserve mette le mani avanti: la banca centrale Usa potrebbe essere costretta ad alzare i tassi più rapidamente del previsto se il Congresso e la Casa Bianca – controllati dai repubblicani per la prima volta dal 2006 – adotteranno tagli alle tasse e progetti infrastrutturali volti a spingere la crescita Usa a tal punto che c’è il rischio che le stime calcolate dai membri della Fed vengano superate. Sempre che il 45esimo presidente Usa non mantenga la parola o si profili una guerra commerciale. A fronte di questa “incertezza notevole”, una cosa è chiara: il tentativo della Fed di telegrafare al mercato le sue mosse sui tassi risulta più complicato. Il nome di Donald Trump non è stato fatto ma i membri del Federal Open Market Committee – il braccio di politica monetaria dell’istituto di Washington – nella riunione del 13 e 14 dicembre scorsi hanno lungamente discusso della “incertezza notevole sulla tempistica, sulla dimensione e sulla composizione di iniziative di politica economica o fiscale future e su come queste politiche potrebbero condizionare la domanda aggregata”.

DISOCCUPAZIONE E’ quanto recitano i verbali di quel meeting al termine del quale fu annunciata la prima stretta in un anno (la seconda in dieci) e ne furono stimate tre nel corso del 2017 (una in più di quanto previsto dalla Fed stessa e dal mercato). Nelle cosiddette minute, la Fed ha spiegato perché ha ritocatto al rialzo il numero degli aumenti del costo del denaro previsti nell’anno in corso: l’idea condivisa da “molti” è che lasciare cadere troppo in basso il tasso di disoccupazione (a novembre pari al 4,6%) senza un incremento dei tassi potrebbe richiedere poi una stretta più rapida e aggressiva. D’altra parte il mercato del lavoro “è o si trova vicino” alla piena occupazione che rappresenta uno dei due mandati della Fed (l’altro è la stabilità dei prezzi). Nel prevedere tre strette nel 2017, la Fed ha spiegato di avere preso in considerazione anche la possibilità di un’accelerazione della prima economia al mondo: a questo proposito i verbali citano “aspettative per politiche fiscali più espansive negli anni a venire o una possibile riduzione delle aliquote aziendali”.

BARRIERE COMMERCIALI Tra i rischi al ribasso per gli Usa invece la Fed cita quelli provenienti da Europa e Cina, “un possibile aumento delle barriere commerciali e la possibilità di un forte rialzo della volatilità nei mercati finanziari nel caso in cui i cambiamenti fiscali o di altre politiche divergano dalle aspettative del mercato”. All’interno della banca centrale Usa c’è anche chi ha sottolineato il rafforzamento del dollaro come fattore che potrebbe “controbilanciare” gli stimoli promessi da Trump. In ogni caso, a dicembre la Fed decise di rivedere leggermente al rialzo le sue stime di crescita presupponendo “una politica fiscale più espansiva negli anni a venire”. Per la Fed, l’economia Usa crescerà del 2,1% nel 2017, lo 0,1% in più di quanto calcolato a settembre. Ma i calcoli potrebbero cambiare. Mentre la parola passa a Trump, la banca centrale guidata da Janet Yellen giudica “appropriato” un rialzo dei tassi “graduale” in futuro. Praticamente nessuno nel mercato si aspetta una stretta nella riunione che inizierà il 31 gennaio e terminerà l’1 febbraio, quando il costo del denaro dovrebbe dunque restare allo 0,5-0,75%. Sarà infatti troppo presto per giudicare l’effetto dato dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca, previsto il 20 gennaio.

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